Scoprire Genova - Appartamento in Affitto

Il diario di Walter

Diario del viaggio e della permanenza alle Friendly Islands
© 1998 by \//.\\\ascarin, Pangai - Tonga Kingdoom.

I capitolo 14, 15 e 16 che seguono, fanno parte di una serie che originalmente avevo deciso di non scrivere: il portatile si era rotto, poche (a mio parere) le cose degne di nota da riportare, ed alcuni problemi che stavo incontrando mi avevano portato a quella decisione, per cui non ho preso appunti nemmeno sulle cose più significative. In seguito, più che altro per dare completezza al racconto, ho mutato idea: quello che segue è ricavato da alcune note, da altri documenti, da corrispondenza recuperata e dalla memoria, per cui parecchi fatti che forse sarebbe stato bene riportare, resteranno sconosciuti. Mi scuso con i lettori se questa parte sembrerà “povera”, ma tant’è.
 

Capitolo 14

INTERLUDIO 98

La situazione generale, al Niu ‘Akalo è andata via via deteriorandosi, oramai sono mesi che non c’è più acqua dolce, soltanto acqua salata, e anche quella, visto lo stato pietoso delle cisterne (ridotte come un colabrodo), spesso manca: è semplice riaverla, basta chiedere che accendano la pompa, il guaio è che il sistema è parecchio strano: c’è un solo tubo di accesso alla cisterna sopraelevata, che in basso viene scambiato di volta in volta sul tubo della pompa (quando bisogna riempire la cisterna), oppure sul tubo che porta l’acqua alle utenze, per cui, mentre si pompa, non c’è acqua disponibile e si resta all’asciutto. Per riempire la cisterna ci vogliono un paio d’ore, poi l’acqua per la doccia e per i servizi c’è per 4 o 5 ore (sempre se si ricordano di scambiare nuovamente i tubi), a prescindere da quanta se ne usa (perché la cisterna ha parecchie falle e si svuota da sola) dopodiché siamo nuovamente all’asciutto e bisogna richiedere di pompare (loro, da soli, non se lo ricordano proprio). Per l’acqua dolce e potabile le cose sono altrettanto complicate: le due grosse cisterne da 30.000 lt ciascuna hanno parecchie falle, anche grosse, per cui non esiste più lo stoccaggio dell’acqua piovana. Per risolvere il problema, vanno giornalmente, con dei bidoni di plastica, a fare rifornimento in città, e per gli ospiti l’acqua potabile è disponibile in bottiglie tenute in frigorifero, ma anche quella a volte ha problemi: ogni tanto le bottiglie vengono lavate con il detersivo, solo che a causa della scarsità d’acqua vengono sciacquate sole sommariamente, per cui mi è capitato di bere acqua con un bel gusto di saponata, con il risultato di 4 giorni di diarrea forte.

Anche per il cibo le cose non vanno molto bene: se ci sono altri ospiti generalmente tutto è OK, ma se (come capita spesso) sono da solo, il cibo è spesso scarso e viene preparato in qualche modo che definire “buttato su” sarebbe un eufemismo, ho provato diverse volte a lamentarmi ma non sono riuscito ad ottenere che miglioramenti temporanei, uno o due giorni, poi tutto riprende come prima. Seletute da la colpa a Hingano (la cuoca grassa), dice che è pigra e non ha voglia di lavorare (il che è verissimo), che si frega e porta a casa il cibo, sarà anche vero, ma tutto considerato, se fosse davvero cosa, dovrebbero essere loro a prendere i provvedimenti del caso, resta pero’ il fatto che quando ci sono anche altri ospiti tutto va bene (anche se non sempre, perché è capitato anche che fossimo in 3 e che ci fosse a malapena cibo sufficiente per la cena di uno solo, cosa ho lasciato la cena all’altra coppia di ospiti e sono andato a mangiare qualcosa al Billy’s Place, guesthouse abbastanza vicina, nonché concorrente). Per quanto riguarda i servizi generali c’è solo da litigare: qui’ non puliscono mai, sono arrivato al punto di fare le valige perché mi ripulissero la casa, tra l’altro non ho più a disposizione nemmeno la scopa e lo spazzettone (ce li avevo, ma un giorno che non trovavano più i LORO attrezzi hanno preso in prestito quelli di casa :-(, che ovviamente non sono più tornati.. le gemelle, quando vanno a buttare la spazzatura, per risparmiare strada arrivano fino a dietro casa mia e la buttano li’.. dopo essermi lamentato più volte, un giorno ho raccolto il tutto e l’ho riportato indietro e lasciato nel cortiletto davanti alla cucina, mi hanno chiesto perché le avessi riportate li’ anziché fare la stessa strada ed andare dall’altra parte fino alla fossa dei rifiuti (non era una domanda pleonastica o a sfondo ironico, parlavano seriamente, da soli non ci arrivano).

Ho installato qualche giochillo sul PC, per passare le serate, ma purtroppo è capitato che Talo mi vedesse giocare, cosa è diventata una tortura: arrivava a tutte le ore del giorno (e della notte :-() chiedendo di giocare, e non serviva dirgli di no o addirittura buttarlo fuori di casa: si fermava fuori della porta a chiamare, piangere e rompere per ore, per cui ho tagliato la testa al toro ed ho cancellato i giochi. Tra le altre cose mi sono anche accorto che mi fregava tabacco e cartine (ho smesso di fumare sigarette preconfezionate, ora me le rollo da solo con un ottimo tabacco neozelandese che qui’ si trova ovunque), poi dovevo anche sorbirmi Seletute incazzata con me perché gli davo da fumare :-(.

Stanno rifacendo l’aeroporto, allungamento e pavimentazione della pista e costruzione del nuovo terminal. Progetto e fondi gentilmente donati da AusAid, stavolta però si sono fatti furbi: l’esecuzione dei lavori è stata appaltata al Ministery of Work, però il supervisore del progetto e dei lavori è un ingegnere australiano mandato qui espressamente. Tra le altre cose, ha anche bisogno di lavoro su computer, sia i PC che il personale avrebbe dovuto essergli fornito da MoW, purtroppo, però, quelli non avevano né le macchine, ne tantomeno il personale addestrato ad usarle, per cui Noel (il supervisore) mi ha assoldato: aggiornare schemi, piani e disegni, digitare e rivedere documenti, e soprattutto addestrargli 3 ragazze (due impiegate del MoW e la sua segretaria/governante personale) ad usare almeno Word. La paga è scarsa (T$ 6 all’ora, circa 8000 lire): è il massimo, perché qui’ c’è una legge che livella il tetto massimo alla pari con i dipendenti governativi di pari funzioni (non esistono limiti MINIMI di paga, ed i sindacati sono vietati dalla legge). In tutto, lavorando part time, in un paio di mesi ho fatto su circa 500$, (per un tongano sarebbe un capitale) comunque mi sono divertito e passato il tempo: piuttosto che niente, meglio piuttosto!

Ho anche organizzato, presso il St. Joseph College, un corso serale per PC (gratuito), ma la cosa, dopo una decina di lezioni é abortita: alla prima lezione avevo una quindicina di allievi, alla seconda quattro (nessuno di loro era uno di quelli venuti alla prima lezione :-(), dopo ancora un paio di lezioni sono rimasto con 2 ragazze, Teisa e Simaina, anche quelle pero’ a volte venivano ed a volte no, per cui mi sono rotto ed ho chiuso il corso, l’avventura “Corso di Computer” è durata in tutto un paio di mesi. Un secondo intervento l’ho fatto (gratis, pubblic relations) al PC del Ministero dell’Agricoltura e Foreste: dopo un mesetto che giravano, la macchina si è inchiodata con un bel “disk full”, perché la ragazza che ci lavorava sopra (la sorella del boss del Min. Agricoltura locale, n.d.a.) non chiudeva Win prima di spegnere la macchina, col risultato di ritrovarsi diverse centinaia di files di swap non chiusi, fino a riempire completamente l’HD :-).  Un’altro intervento sul laptop di una monaca in visita, ma li’ il guaio era più grosso: all’aeroporto le era caduto il PC per terra e l’HD, all’interno si è squinternato per cui non ho potuto farci nulla. Stesso guasto e stesso intervento fallito, in luglio, anche sul laptop del prete cattolico: si era fatto finanziare dalla congregazione, è andato a Honolulu ed ha comprato una vagonata di hardware: portatile originale IBM con Win98, 2 scanners (uno handy ed uno formato A3), 2 printers, un modem 33600 (che con il sistema telefonico locale non va manco a spingerlo), più una paccata di altra roba. La settimana dopo che gliel’ho installato (messo assieme tutto l’hardware), per spostare un po’ di carte sulla scrivania l’ha sbattuto per terra: morale della storia la congregazione ha dovuto rifinanziarlo per rimandare il PC a Honolulu per le riparazioni e cambiare l’HD. Credo che abbia speso, tra hardware, software, dogana e riparazioni, qualcosa tra i 7 ed i 10 milioni di lire.

Una bella storiella ambientata poco prima di Pasqua: Sini, l’impiegata dell’ufficio postale, che frequento abbastanza regolarmente, per vedere se è arrivata posta, aveva cominciato a farmi gli occhi dolci, non è che fosse molto carina, un po’ grassottella, pero estremamente vivace, di spirito e gentile. La settimana prima di Pasqua prende su il coraggio a due mani e mi dice che andrà per 4 giorni alle Vavàu, poi mi chiede se voglio andare con lei: si va con l’Olovaha, staremo a casa di un suo zio (che sarà vuota), la cosa è accattivante, per cui accetto e ci mettiamo d’accordo in quel senso. Il giorno prima della partenza fissata, Asa mi dice che sta’ andando a Mo’unga One, un’isola a circa 3 ore di barca a nordovest di Lifuka, ci devono andare lui e Make ad arrestare due tizi accusati di furto, su mandato di un Magistrato di Nuku’Alofa, visto che a Mo’unga One non c’ero mai stato, e che si sarebbe dovuti tornare quella stessa sera, tutt’al più il mattino dopo (la partenza dell’Olovaha sarebbe stata alle 11 di sera) ho accettato di buon grado, quindi avviso Sini della possibilità che quella sera non ci si veda e spiego il perché, anche per lei va tutto va bene, cosa partiamo.

All’andata eravamo in quattro: Asa, Make, il barcaiolo ed io, siamo arrivati a destinazione poco prima di mezzogiorno, una brevissima investigazione di Asa porta alla scoperta che nessuno dei due ricercati é sull’isola, uno (dicono) è andato a Vavàu, dell’altro non si sa nulla, comunque, più tardi, dovrebbe arrivare il fratello di uno dei due e quello dovrebbe saperne di più, cosa aspettiamo un paio d’ore. Quando arriva il tizio, quello ci confermano che il fratello sta alle Vavàu (e dicono anche dove), dell’altro non si sa nulla, però se trovano il primo, lui sicuramente sà dov’é l’altro. Il tizio dice anche che il fratello ha lasciato a casa sua una valigia che corrisponde alla descrizione della refurtiva, cosa va a casa, recupera la valigia e ce la porta, anche il contenuto corrisponde, cosa Asa sequestra la valigia, come possibile corpo del reato. Missione terminata e decidiamo di tornare a Pangai. Oramai si sono fatte quasi le 4, ci imbarchiamo, ma dopo meno di 500 metri il fuoribordo comincia a sputacchiare, breve sosta li in mezzo al mare per cercare di farlo riprendere ma non c’è molto da fare, per cui si decide di tornare sull’isola e di rientrare a Pangai l’indomani, con un’altra barca.

Alla sera fai kava (senza tou’a), presso il prete wesleyano dell’isola, una serata senza gloria e senza infamia, passiamo la notte a casa del maestro delle elementari (che avevo già conosciuto a Holopeka), il mattino dopo, però c’è la sorpresa: in nottata s’è alzato un forte vento, il mare è in burrasca e nessuno dei barcaioli accetta di prendere il mare, ed io, quella sera stessa avrei dovuto partire per le Vavàu per passare 4 giorni con Sini :-(. La giornata passa in qualche modo, in serata andiamo a casa di una ragazza per un fai kava, poi tutti e tre a dormire, sempre a casa del maestro. Il mattino dopo il mare è più calmo, cosa troviamo un barcaiolo e torniamo a Pangai, ove arriviamo il primo pomeriggio. Però l’Olovaha è partita la sera prima, e con quella é partita anche Sini (da sola :-().

Mo’unga One è famosa per le sue piantagioni di hopa, un tipo particolare di banane molto grosse, vengono raccolte ancora verdi e bollite, hanno più o meno lo stesso gusto delle patate bollite, ed è uno dei cibi a basso costo, piuttosto comuni, come lo è il frutto dell’albero del pane, possono anche essere mangiate mature, in quel caso sono un po’ più dolci delle banane normali e niente affatto male, sembra che le hopa di Mo’unga One siano le migliori del circondario. Altra particolarità di quell’isola è che tutti hanno la luce elettrica: un azienda australiana, produttrice di sistemi per località isolate, aveva realizzato un sistema monocasa composto da pannelli solari, limitatori e batteria, nonché lampade al neon a basso voltaggio. Prima di commercializzare il prodotto, però, avevano bisogno di un test “sul campo”, cosa hanno mandato a Mo’unga One un impianto per ogni casa del villaggio, il tutto gratis et amore dei, alla fine del periodo stabilito per il test hanno tratto le loro conclusioni ed hanno lasciato sull’isola tutto come stava, regalo degli australiani.

Dopo pasqua Sini è tornata (da sola, cosa com’era partita), arrabbiata con me come non mai, ha accettato di sentire che diavolo era successo dopo più di una settimana, prima non voleva nemmeno parlarmi :-(, ed a nulla sono valse le mie spiegazioni: che ero bloccato laggi—, che la nostra barca si era rotta e che il giorno dopo il mare era impossibile: per lei contava solo il fatto che l’avevo mollata da sola anziché passare con lei i 4 giorni preventivati, cosa per la quale, probabilmente aveva dovuto fare e vincere una dura battaglia con se stessa (e probabilmente non aveva nemmeno tutti i torti). Comunque oramai era fatta, anche se in seguito siamo ridiventati amici (o quasi), non sono più riuscito a recuperare completamente la situazione, il tipo di rapporto instauratosi tra noi oramai era diverso. Poi, dopo un paio di mesi o tre, Sini si è trovato un fidanzato, sembra che filino d’amore e d’accordo, probabilmente si sposeranno, si abbiano anche la mia benedizione, per quello che puo valere.

I primi 4 giorni di giugno (98) c’è stato il festival delle Hàapai, era la versione completa, quella che comprende anche l’elezione della miss e che capita una volta ogni 3 anni, la miss resterà poi in carica per 3 anni, fino alla prossima edizione completa. La candidate sono “sponsorizzate”, delle 6 ragazze concorrenti, bene o male ero coinvolto con 4 di loro: Melesa, Miss “Bank of Tonga”: impiegata alla banca; Fussi, la ragazza di Hàafeva, Miss “Non so bene quale Guest House” di Felemea; Simaina, una delle due allieve del corso di PC, Miss “Aerobics”; Aimone, Miss “Niu Akalo”, una delle figlie adottive di Sailosi (ne ha adottati 7)
Durante il festival, visto che tutti erano impegnati a seguire e peparare la miss, al Niu Akalo hanno abbandonato gli ospiti (una decina) a se stessi, spesso non c’era assolutamente nessuno, la cena a volte alle 7, a volte alle 5, a volte alle 9, senza alcun preavviso di sorta :-(, il servizio bar inesistente, spesso inesistenti anche i servizi essenziali. Come decano degli ospiti ho dovuto fare un po’ da guida (non pagata), comunque in un certo senso mi sono pure divertito, anche se a dirla vera mi era piaciuto molto di più il festival del dicembre scorso ad Hàafeva: molto più sentito e spontaneo, mentre questo era piuttosto “commercializzato”.

La cosa che mi è più piaciuta è stato il “floating”: una sfilata di barche, tutte addobbate, che parte dalla punta sud dell’isola e risale fino al porto di Pangai tenendosi ad una quindicina di metri dalla riva, ove stanno gli spettatori ad acclamare, far baldoria e cagnara. Quel pomeriggio ero in giro da solo, cercavo un buon punto per godermi la sfilata, su una spiaggetta ove fervevano gli ultimi preparativi c’era una delle barche di Felemea che non portava concorrenti ma che avrebbe sfilato lo stesso per il solo gusto di partecipare, non aveva a bordo alcun ospite “importante”, per cui mi hanno chiesto se fossi stato disposto ad andare con loro (un paio li avevo già conosciuti quando ero stato ad Uiha con Akiko, la ragazza giapponese che aveva finito col fare la Tou’a al kava club), comunque sulla barca eravamo in tutto in otto, 4 maschi e 4 ragazze (non concorrenti). Mi avevano addobbato con collane di fiori ed un lavalava (pareo) con i colori di Felemea, quindi siamo andati in barca al punto di ritrovo, sulla spiaggia di fronte all’ospedale di Hihifo. Li’ c’era una confusione generale, quando Sailosi che dirigeva le operazioni a terra mi ha visto sulla barca, ha assegnato a noi la miss uscente (che non ne aveva ancora una sua barca), assieme alla miss altre due ragazze di contorno (lui ha detto che non si fidava a mandare le tre su nessun’altra barca, che aveva paura che saltassero loro addosso, mentre io gli davo una notevole sicurezza al riguardo :-)) , cosi’ mi sono ritrovato al posto d’onore, sulla barca che apriva la sfilata :-).  Davanti, sulla prua la “miss 95” e le due assistenti, sulla tuga io ed un paio delle ragazze di Felemea, a ballare e fare numeri, nel pozzetto gli altri di Felemea, anche loro a fare baldoria (in serata ho comprato un’anguria allo stand dei carcerati, e l’ho portata in omaggio a casa di Sailosi, con quella trovata e quell’assegnazione se l’era ampiamente meritata! Qualcuno deve aver girato un videotape della festa, perché diverse volte, dopo di allora, gente mi ha chiesto se davvero fossi io quello che si era visto nel video a ballare sulla tuga della barca :-), quel videotape, a quanto ne so, gira per Tongatapu, non ho mai sentito che ce ne fosse una copia alle Hàapai.

Altre due cose interessanti la gara delle popao e quella di nuoto, entrambe vinte da Tonga, il town officer di Fotuhàa, quello che è strano è che abbia vinto anche la gara di nuoto, alla quale partecipavano anche un paio di turisti bianchi (entrambi giovani e sicuri di vincere), il fatto sorprendente è che Tonga ha 57 anni!
Avevo chiesto a Tonga se qualcuno a Fotuhàa avrebbe avuto voglia di costruirmi una popao (a pagamento ovviamente), lui ha detto che si sarebbe interessato.. Poi, una mattina è arrivato con una barca ed una popao in traino: era per me, (un po’ vecchiotta ma in ottime condizioni), ha detto che era originariamente di qualcuno di Hihifo e che quello non la usava più, quindi avrei potuto tenermela io.. dopo un paio di giorni è arrivato Salesi, un notabile di Pangai (prete wesleyano) e se l’è presa (io non c’ero), ha lasciato detto che gli serviva per non so bene che attività pseudoturistica, e come risultato non ho più rivisto la canoa.. cosi’ come era arrivata se n’è pure andata :-(. Saputa la cosa, Telanisi mi ha offerto l’uso di un catamarano (sui 4/5 mt, in vetroresina), purtroppo pero’ senza albero e senza vele, quindi anche da quella parte nulla da fare.
Mi sono costruito, sul davanti della casa una veranda: struttura in pali di legno e tetto in stuoie di cocco, il tutto tenuto assieme con legacci di filo di ferro recuperato e legacci di corteccia; ho impiegato più di una settimana tra andare nel bosco a cercare i pali, tagliarli e scortecciarli, costruire l’impalcatura ed intrecciare le stuoie (mi sono fatto insegnare dalla moglie di Toni, il vicino della “Melino Handicraft”), e stenderle sul tetto: quello delle stuoie è stato il lavoro più lungo e noioso, ogni stuoia è di circa cm 30x200, ma quando si mettono in opera bisogna sovrapporle, quindi in effetti coprirà solo 10/15 cm, e se ne devono mettere due strati completi sovrapposti, comunque sia l’ho finita, ho attaccato l’amaca a due dei montanti e finalmente ho potuto fare la siesta al fresco.. (in casa, col tetto di lamiera, al primo pomeriggio non è molto confortevole). Nota di colore: spesse volte, mentre lavoravo, veniva a farmi visita Lisia, la factotum dell’albergo, a volte con qualcosa di fresco da bere, altre a massaggiarmi la schiena (è bravissima), altre solo a scroccare un po’ di tabacco :-), poi, finita la costruzione è sono finite anche le scuse per svignarsela, cosa ha diradato le visite (sempre però a scroccare il tabacco)

In quel periodo, per poco più di un mese, ho provato a tampinare Milika, una ragazza sui 25, mormone. Si era sposata con un cinese quando ne aveva 19, avevano passato assieme una settimana, poi lui, a causa del suo lavoro era dovuto tornare a Tongatapu. Lei, dopo un paio di mesi, si é accorta di essere incinta e l’ha avvisato telefonicamente; lui si é rifatto vivo dopo un paio di giorni, sempre al telefono, per dire che per lavoro lo avevano trasferito in Germania, che si sarebbe fatto vivo quanto prima, che le avrebbe scritto, che le avrebbe mandato dei soldi, che la amava etc. etc.: di lui non si è più saputo nulla :-(. Lei, quand’è venuto il momento ha partorito due gemelli, fine della storia pregressa (almeno, cosa è come me l’ha raccontata lei).
Ora lei gestiva un negozietto, di quelli col casottino, sul bordo della strada a Pangai, ovunque andassi mi era di strada, ed era piacevole fermarsi a scambiarsi sciocchezze, o a bere qualcosa di fresco. Il guaio è che io ero di qua del bancone, e lei sempre di là.  Qualche volta c’erano pure i gemelli, non male e simpatici, non sembravano nemmeno tongani, un paio di volte sono stato anche a casa sua (viveva a casa con i genitori), ma nulla di fatto. Avrebbe voluto divorziare (a Tonga è semplice, dopo 3 anni di separazione il divorzio e cosa quasi automatica), le avevano detto che ci sarebbe stato bisogno dell’assistenza di un avvocato, che il tutto sarebbe venuto a costare 350 T$ (A Niua Fo’ou, Fa aveva impostato lui diverse cause di divorzio, al costo di T$ 7 cadauno, tutto compreso). Bhe, le cose, tra noi, sono state un tira e molla per tutto il periodo: sembra di si, sembra di no, le cose vanno bene, le cose non vanno affatto. Poi, stufo, visto che si concludeva poco (o punto), ho deciso che il budget di tempo che avevo stanziato per i convenevoli era ormai esaurito: ho detto a Milika che le cose cosa non andavano proprio, e che quindi rompevo tutto e mi ritiravo da quell’accordo inconcludente, lei (forse) è rimasta un po’ dispiaciuta, ma non molto, anzi, forse quasi sollevata :-(.
 

Capitolo  15

DUE VIAGGI BREVI
 

Verso metà agosto sono stato quattro giorni ad Hàafeva: avevano finito la costruzione del molo, e visto che per l’inaugurazione sarebbe venuto il Re, si sarebbe organizzata, per l’occasione, una grande festa con gente da tutte le Hàapai. Io ci sono andato con la vedetta della polizia, ospite di Sailosi. Siamo arrivati lì un venerdì pomeriggio, Sailosi ed io alloggiati a casa di suo fratello (ritornato da poco dalla Nuova Zelanda, ove era emigrato per un paio d’anni per fare su i soldini per ristrutturare la casa), altri poliziotti sono stati alloggiati qui e là, perché la casa che normalmente Auka ci metteva a disposizione era già occupata dalle troupes della radio e della TV. Non c’è granché da dire: il sabato ho lavorato per ripulire ed addobbare il villaggio, la domenica kava al mattino, sia prima che dopo la funzione religiosa (una barba, sia la kava che la funzione religiosa, tant’è che il pomeriggio sono stato poco bene), il lunedì ancora al lavoro, solo che nel tardo pomeriggio, all’improvviso, mentre tutti si davano da fare con gli ultimi preparativi, è arrivato il Re (che secondo il programma avrebbe dovuto arrivare all’indomani mattina), ovviamente col suo codazzo di ministri, funzionari, cortigiani, preti e bussatori vari :-).

Quando siamo arrivati, il molo era “tecnicamente” finito, c’erano solo più alcune macchine che dragavano il fondo attorno al molo.  Quella che invece non era finita (ci stavano ancora lavorando) era la strada che collega il molo, situato sulla costa ovest dell’isola, col villaggio che sta’ sulla costa est. Quello che c’era da fare, ancora, era di rendere “sicura” la strada, per cui dovevano abbattere tutte le palme da cocco entro 3 o 4 metri dalla strada (onde evitare che una noce, in futuro, cadesse addosso a qualcuno o su qualcosa). Per questo lavoro era stata assoldata manovalanza locale (essenzialmente giovani) che erano pagati un tanto ad albero abbattuto, solo che, dopo aver abbattuto tutti i cocchi nella zona a rischio, non ci sarebbe stato più lavoro, cosa hanno iniziato ad abbattere, indiscriminatamente, ogni e qualsiasi tipo di pianta (anche una pianta col tronco di 10 cm di diametro conta come “albero”), cosa hanno fatto una strage, ho visto abbattere manghi (preferibilmente giovani, c’è meno lavoro, rispetto ad un albero centenario), così come aranci e limoni, frangipani, perfino papaie :-(.

Altra novità: qualcuno, ad Hàafeva, si è comprato l’automobile, un gippone 4x4, sembrava un Toyota Land Cruiser. Visto che in tutto c’è una sola strada percorribile in macchina che attraversa il villaggio, lunga meno di un km, quello comincia alle 9 della mattina ad andare su e gi—, da un passaggio a chiunque (MEGLIO SE RAGAZZE), poi arrivato in fondo al paese gira la macchina e torna indietro, e va avanti cosa fino alle 7 di sera (o finché non sarà esaurita la benzina sull’isola) :-).

Alla sera sono andato un po’ in giro, in cerca di un fai kava, ma il guaio è che ce n’erano solo di “ufficiali”. Nei clubs: uno tutto di preti vari, un altro pieno di gente da Nuku’Alofa, stavo tornandomene a casa deluso, quando mi ha chiamato Rosaline, una ragazza che avevo conosciuto quel pomeriggio, mentre lavoravo al giardino del fratello di Sailosi. A dire il vero, per quella sera, avevo in progetto di fare una visita ad Anna che avevo visto nel pomeriggio, cosa quando quella mi ha invitato ad andare da qualche parte per parlare ero tentato di dire di no, poi, visto che insisteva, ho accettato. Rosalinne vive a Tongatapu, fa la maestra a Mormon City, non sapevo proprio ove saremmo andati, e dove se non a casa di Anna? (credo sia una relative, oppure era solo sistemata lì per quei 3 o 4 giorni). Anna, quando ci ha visti arrivare assieme ha fatto una faccia da far paura e se n’è andata immediatamente.

La conversazione è cominciata in modo astruso e terminata ancora peggio: 20enne, maestra a Mormon City a Tongatapu, mormone, diceva di volermi sposare, subito, sui due piedi, e se non volevo o potevo sposarla subito, bene lo stesso, che la prendessi e basta, avremmo iniziato una convivenza, era disponibile a tutto, purché la cosa fosse immediata. Io, da parte mia ero lì ancora solo quella sera ed il giorno dopo, di lei non sapevo assolutamente nulla (se non quello che mi diceva lei stessa), la cosa, inoltre, era troppo strana per darle peso, cosa dopo un’oretta mi sono sganciato e me ne sono andato.

Ho poi saputo che si è sposata a Nuku’Alofa, pochi giorni dopo. Le idee che mi sono fatto sulla faccenda (non suffragate da alcunché) e che fosse arrivata alla decisione del matrimonio non troppo convinta, che in qualche modo l’avessero spinta, le avessero forzato la mano, per cui, trovandosi lì, al di fuori del solito ambiente e senza le solite costrizioni, abbia cercato una via qualsiasi per evitare il matrimonio: in quella situazione (già promessa) nessun tongano l’avrebbe voluta, sarebbe infrangere un tapu, io d’altro canto non ne sapevo nulla ed avrei (secondo lei) potuto accettare. Altra possibilità e che abbia soltanto provato a prendermi in giro, chissà. Per fortuna le cose sono andate come sono andate. Io non l’ho più rivista, e L’unica cosa che ho saputo di lei, dopo, e stato, per l’appunto che si era sposata (me l’ha detto Luce, la moglie di Auka). Peccato, perché dopo quella sera non sono più riuscito a scambiare più di 4 parole con Anna (che mi sconfinferava non poco) :-(.

Il mattino dopo, finalmente, l’inaugurazione, una menata che non finiva mai: tra i discorsi dei vari ministri e le preghiere dei vari preti (almeno un paio per ciascuna delle congregazioni, il capo prete locale e quello venuto da Nuku’Alofa al seguito del Re), più gli inni sacri e le danze tradizionali di prammatica (ogni congregazione con lasua serie di inni ed i suoi numeri folcloristici), poi il discorso del Re (brevissimo), quelli di un paio dei suoi matapule (lunghi), abbiamo tirato l’una, poi finalmente tutti al villaggio (a piedi, l’unico in macchina il Re) per il banchetto, solo che, lì, prima c’è stata la cerimonia di presentazione delle offerte al re (=tributo tradizionale), poi altri discorsi, altre preghiere, danze tradizionali di gruppi delle varie isole.

Sul terreno, davanti al padiglione del re, era stata stesa un’enorme tapa, almeno 10x40 metri ad occhio e croce, bene, è arrivato il furgone del Re (il Re è sempre il primo ad andarsene e l’ultimo ad arrivare, non ho idea di dove sia andato ad aspettare mentre tutti quanti si spostavano dal molo al villaggio a piedi), riguardo alla tapa, l’autista del furgone non ha fatto nemmeno una grinza: c’è passato semplicemente sopra; più tardi, mentre andavano le preghiere ed i discorsi, ha cominciato a piovere ben bene, cosicché quella tapa, frutto di migliaia di ore di lavoro, è andata completamente ed irrimediabilmente rovinata (però aveva già svolto la sua funzione :-)).

La cerimonia dell’offerta del tributo tradizionale si svolge pressapoco in questo modo: Il Re se ne sta’ seduto sul suo trono (o sedia, o poltrona) sopraelevato, sotto ad un padiglione aperto sul davanti, piazzato al centro di uno dei 4 lati di un grande quadrato, tutta la folla sta’ seduta in due ali sui due lati adiacenti del quadrato, all’esterno, lasciando il quadrato libero. Il quarto lato del quadrato, quello di fronte al Re, resta libero: li verranno presentati i tributi, e lì si svolgeranno le danze dei gruppi folkloristici. Dicevo che la folla sta’ seduta perché per legge non si può stare in piedi in presenza del Re, si tratta di una delle vecchie misure di “sicurezza”, un’eventuale attentatore sarebbe più in difficoltà da seduto che in piedi, inoltre, l’eventuale fuga sarebbe ostacolata anche dalla posizione. Gli unici in piedi sono i soldati della guardia reale (dietro al padiglione del Re) e le forze di Polizia con compiti di sicurezza.  sul davanti del padiglione, le spalle al Re, stanno seduti a terra i suoi matapule. Poi arriva il camioncino con il tributo, che viene scaricato sul lato libero della spianata, due dei matapule si alzano e si avvicinano al mucchio di roba, e con voce stentorea, uno chiede cosa siano venuti a fare li, il portavoce del villaggio, sempre gridando, dice che si tratta dell’offerta del tributo, per cui il matapule ripete (a beneficio del Re, che non ascolta e non parla con i commoner) la faccenda. Uno dei matapule rimasti seduti davanti al Re, sempre gridando, comincia a fare l’elenco di cosa è dovuto: dei rotoli di tapa, delle stuoie (quante, di che tipo e di che dimensioni), uno o più maiali (si precisa se grandi o piccoli), della kava (quanta e di che tipo), dello yam dei pesci e via di seguito. Voce per voce, il matapule presso gli offerenti la sente e la ripete, il portavoce va verso il mucchio di roba, trova l’articolo reclamato, lo prende e ripetendone la descrizione lo sposta di un paio di metri per formare un nuovo mucchio, mostrando ben bene la cosa di turno al matapule che fa da controllore, il quale, dopo aver preso visione dell’articolo, conferma che quella particolare voce richiesta è stata consegnata, quindi il matapule presso il Re dice al Re che quel particolare articolo dovutogli gli è stato effettivamente consegnato, poi si passa ad un’altra voce dell’elenco e si va avanti finché tutto l’elenco è stato consegnato. A quel punto il Re dice due parole al suo araldo, il quale fa un discorso della madonna per dire che effettivamente quello che dovevano dare l’hanno dato, l’altro, quello vicino al portavoce, ripete frase per frase, finché tutta la filastrocca non è finita. A quel punto il portavoce ringrazia perché il Re che ha accettato il tributo e va via con i suoi aiutanti (i ringraziamenti del portavoce NON vengono ripetuti, si trattava di atto dovuto e non c’è nulla da ringraziare, qualcosa come il pagare le tasse: perfettamente inutile ringraziare il funzionario, o il governo, per aver accettato i soldi che tu hai dovuto pagare)

Finalmente verso le 3 e mezza è iniziata la mangiatoia, solo che il cibo, a quel punto, era freddo e scotto, praticamente rovinato :-(, e poco dopo le 4, manco finito di mangiare, arriva Sailosi con le disposizioni: mollare tutto di corsa, cambiarsi e fare su i bagagli e con l’”autobus” (la benna di un bulldozer) tutti al molo ad imbarcarsi, perché il Ministro di Polizia (ufficialmente proprietario della motovedetta), voleva tornare a Pangai alla svelta. Tutto considerato quel viaggio è stata una delusione totale. Nota di colore: durante la visita ad Hàafeva è stato girato un video ufficiale dell’avvenimento, e, tra tutti gli altri, ci sono finito dentro pure io, in una breve ripresa ad hoc, mentre vado ad offrire un paio di $ quale segno di apprezzamento durante le danze.

Il Ministro di Polizia si è fermato al Niu’Akalo per qualche giorno, per cui, finché lui era lì, tutte le sere fai kava sotto al porticato :-). La prima sera non c’era la Tou’a, per cui mi sono lamentato che quello non era il mido di fare :-) perlomeno se si volevano rispettare le tradizioni, Sailosi ha obbiettato che i suoi ragazzi avevano chiesto, in giro, se qualcuna volesse venire, ma tutte avevano rifiutato, al che ho detto che si trattava di scuse, e che per l’indomani, se non erano capaci di trovarne una loro, l’avrei trovata io: sfida lanciata ed accettata. In quel periodo passavo spesso presso l’ufficio postale a cercare di riaggiustare le cose andate male con Sini a pasqua, per cui passavo, ed a volte mi fermavo a chiacchierare con la gente agli uffici amministrativi del Governatore. Li ci lavora anche una ragazza, Mele, 24 anni, non sposata. che le sue colleghe insistevano a dipingermi come “innamorata di me”, lei era piuttosto schiva (non parla inglese), e non rispondeva al mio tongano anche se, a dire il vero, non sembrava affatto dispiaciuta, insomma ci scherzavamo soltanto sopra.

Il giorno dopo aver detto che avrei trovato io la tou’a per la serata sono andato da Sailosi e gli ho detto di tirare su la macchina, che saremmo andati in cerca di una ragazza. Appena ho visto Mele, fuori dell’ufficio del Governatore, ho detto: “Quella mi va bene, voglio quella”, e Sailosi pronto: “Vaglielo a chiedere”, quindi io, “Sai se parla inglese”, ottenuta la risposta che conoscevo già, “Vieni, che mi fai da interprete”, quindi detto fatto ci siamo avvicinati ed ho fatto la mia richiesta, tradotta da Sailosi (credo che ci abbia fatto anche qualche aggiunta formale) e quindi l’accettazione della ragazza, poi si sono messi d’accordo loro due sull’andarla a prendere ed a che ora.

Alla sera c’era la tou’a invitata da me, come annunciato, con tanto di “testimonianza” di Sailosi “Eravamo in giro, ne ha visto una ed ha detto che voleva quella, gliel’ha chiesto e quella ha accettato, il Walter, per queste cose ci sa fare molto più di voi che vi fate sempre dire di no”. Io d’altro canto, ho detto che se si vuole qualcosa, c’è sempre il modo di ottenerla, e che l’avevo dimostrato, che quindi, le sere seguenti, avrebbero dovuto pensarci loro, dopotutto erano almeno una quindicina, e loro non avevano problemi di linguaggio per farsi capire. Il fai kava (e la serata) con Mele, sono stati interessanti, poi ho provato a vedere se si poteva realizzare qualcosa, ma Mele aveva dei grossi problemi al riguardo a causa della lingua, e non ne ha voluto sapere. Quando ho provato ad insistere un poco è addirittura scappata via e per qualche giorno non mi ha nemmeno salutato, poi le cose sono tornate normali.

Per finire la storia della sfida, uno dei poloziotti che accompagnavano il Ministro e che veniva da Nuku’Alofa, punto sul vivo, ha detto che per la sera dopo, lui ne avrebbe portate due, non una sola, probabilmente aveva già anche qualche idea concreta su chi, solo che il giorno dopo, le interpellate, dopo aver detto di si, al dunque non si sono fatte trovare, per cui, oramai le cose erano messe in un certo modo e la tou’a era un must, ci ha pensato Puluno a toglierlo dagli impicci: ha telefonato lui ad una sua seconda o terza cugina, che fa la segretaria del prete cattolico, e l’ha convinta a venire (il fai kava era già iniziato), è andato Sailosi a prenderla in macchina.

Anche su questa ragazza (non ne conosco nemmeno il nome) ci sono state voci di un mio presunto coinvolgimento: il mattino dopo, Ofa, la ragazza che lavora al Diving Center gestito da Lolani, mi ha chiesto notizie sul fatto che avrei invitato a cena la ragazza. Al mio cadere dall’albero, mi ha spiegato che lei, già la sera prima ed in mattinata, andava in giro a dire dell’invito. Le ho fatto notare (Ofa mi conosce oramai da più di un anno) che non era proprio nel mio stile, un invito a cena come primo approccio, e che io, tale invito non lo vevo proprio fatto. Lei ha convenuto con me che la cosa era poco credibile (specie per chi mi conosce), e di starci attento, perché serve ad accrescere il “farsi credere voluta” quello di spargere voci simili e poi dire di non aver voluto andarci, cosa, più tardi, in città, al prossimo che mi ha accennato la cosa, ho smentito tutto: nessuno mi ha più detto nulla al riguardo, “radio coconut”, qui, funziona benissimo. Puluno, qualche giorno dopo (con lui non avevo mai nemmeno accennato alla cosa), mi ha fatto i complimenti, ha detto che me n’ero tirato fuori molto bene :-).
 

Un paio di sere dopo, al Niu ‘Akalo, durante un fai kava, una sorpresa: è arrivato uno dei matapule (=araldo) del Re (uno di Pangai), il suo assistente portava una radice di kava, di quelle da cerimonia.  Dopo essersi seduto al posto d’onore, di fronte alla boule, ha scambiato 4 parole con il suo assistente e quello ha fatto la sua dichiarazione ed ha messo la kava davanti a me. Ero piuttosto sorpreso, per cui (bisbigliando) ho chiesto a Sailosi che cosa avrei dovuto farne e come comportarmi, cosa, più tardi, come da cerimoniale, gliel’ho restituita (ricambiando cosa la cortesia e mettendolo in grado, se fosse arrivato qualche altro ospite importante (era possibile una partecipazione del Ministro che poi in effetti non si è fatto vivo) di offrirla a quello.  Il matapule, pero’, dopo una decina di minuti mi ha nuovamente offerto la radice di kava, per cui stavolta me la sono tenuta.

L’8 di settembre, un lunedì, a Pangai, ho incontrato Telanisi che tutto bello e tranquillo mi dice: “Domani andiamo con il Re a Niua Fo’ou, vuoi venire anche tu?”, detto fatto, la sera dopo mi sono imbarcato sull’Olovaha, del Re e della famiglia nessuna traccia o notizia, unica persona importante, uno che avevo già visto da qualche parte (forse a Nuku’Alofa) e che Telanisi mi ha detto essere uno dei responsabili della compagnia di navigazione, con cui ho fatto subito amicizia; solo dopo due giorni scoprirò che si tratta di uno dei principi (figlio di un fratello del Re), anche se ufficialmente il principe ereditario è un’altro, molto probabilmente si tratta del futuro Re di Tonga. Comunque sia, in quel viaggio, sia io che Telanisi, ufficialmente muniti di biglietto “ponte” abbiamo condiviso la sua cabina; quando poi ho scoperto che avrei dovuto, secondo protocollo, chiamarlo “your highness”, oramai gli stavo dando del “you” da un paio di giorni e non era proprio il caso di cambiare.

La famiglia reale è apparsa poco prima dell’arrivo a Vavàu:

fino a quel momento viaggiavano in forma strettamente privata e si sono tenuti tutti nascosti (o solo riparati), il viaggio, nella nottata é stato pessimo: mare brutto, vento e pioggia quasi tutta la notte.  A Neiafu (Vavàu), sono scesi quasi tutti i passeggeri, poi l’Olovaha e stata caricata fino all’inverosimile con viveri (era già partita da Nuku’Alofa con più della metà del carico, che è stato completato alle Vavàu): il fatto è che la Regina (a capo della Coce Rossa di Tonga) era andata, giorni prima, a Niua Fo’ou, con una delle navi della marina militare, per una distribuzione di vestiario (aiuti internazionali della CR), lì però ha trovato una situazione desolante: le piantagioni dell’isola, dopo i danni del ciclone di gennaio prima, e della prolungata siccità poi, erano morte o distrutte, i locali ridotti alla fame nera, oramai più nessun animale da cortile, e lì, con le coste rocciose (l’isola è vulcanica) e pochissimo reef, non è possibile andare a pescare in mare. Certo, c’è la pesca nel lago interno d’acqua dolce, quello formatosi nella caldera del vulcano, ma oramai erano mesi che, non avendo altro, pescavano troppo ed anche quella risorsa, troppo sfruttata, era oramai quasi esaurita. La regina, vista la situazione, ha dato l’allarme e da Nuku’Alofa è partita l’Olovaha, caricata di viveri, portava pure un camion militare grosso adibito ad ambulanza (ex dono degli USA), anche lui stipato di viveri, come tutto il resto delle stive e tutte le zone disponibili del ponte. Alle Vavàu hanno semplicemente completato il carico (niente dalle Hàapai, causa scarsità di raccolti dovuti a siccità perdurante). Perlmeno, questa è la storia della spedizione di soccorso, cosa come mi è stata raccontata all’epoca: mesi dopo, sentirò un’altra versione, che riferirò più avanti.
Il viaggio da Vavàu a Niua Fo’ou è stato pesante: 19 ore di navigazione, con mare molto brutto e la nave sovraccarica, decisamente poco piacevole. Poi, di primo mattino, siamo arrivati a Niua Fo’ou, L’attracco non è riuscito al primo colpo ed il capitano ha dovuto fare un giro di 360ø e ritentare, al secondo colpo è andato bene. Non è una cosa strana: il “molo” è un muraglione gettato su massi di lava, ed é curvo come una falce, il ferry ha il ponte levatoio di prua, largo forse mezzo metro meno del molo, non ci sono bitte per l’ormeggio, ma le gomene vengono passate a terra e date volta a grossi massi lavici, a causa della profondità non è possibile calare una o due ancore a poppa per aiutarsi nel tonneggio, ed in quella situazione, il vento soffia principalmente sul fianco, per cui o pigli il giusto angolo e la giusta veloctà, oppure manchi la cima del molo.
Il programma originale era di fermarsi lì e di ripartire il pomeriggio del giorno dopo, ma la situazione locale era davvero terribile: la gente dell’isola se ne stava lì, seduta e muta, sembravano tutti in stato di shock. Per scaricare la nave (normalmente sarebbe stato compito dei locali), sono intervenuti i soldati (quelli della nave che aveva portato li la Regina e quelli venuti con noi, di scorta al Re), più i marinai dell’Olovaha, nonché parecchi del seguito offertisi volontari.

Una breve visita ai primi 3 villaggi (sono tutti attaccati, come fosse uno solo), più avanti lungo la strada che fa il periplo dell’isola ce ne sono altri 4. Per gli spostamenti abbiamo usato l’autobus locale: un trattore agricolo che tira un rimorchio, tutti i passeggeri sul rimorchio e via :-). Il cibo, anziché essere preparato dai locali ed offerto al Re ed al suo seguito (come tradizione), è stato preparato dai soldati, in cucine da campo e fuochi improvvisati, poi distribuito sia ai locali che al seguito (anche se la tradizione l’avrebbe voluta, non c’è stata la cerimonia del tributo al Re). Cerimonie, discorsi e preghiere quasi inesistenti, unica nota di colore i ragazzini delle elementari schierati ai 2 lati della strada ad agitare bandierine di carta, ma anche loro non sembravano troppo convinti.

Vista la situazione, per non gravare sulla popolazione, il Re ha deciso di anticipare la partenza a quella sera stessa, e di spendere il giorno cosa guadagnato a Niua Toputapu, isola a circa 200 km ad est di Niua Fo’ou, cosi’ quella sera stessa, finite le operazioni di scarico, appena la marea l’ha permesso, siamo ripartiti. Altre 15 ore di navigazione (potrebbero essere state di meno, però lì, innanzi tutto devono sia partire che arrivare con la marea favorevole, ed oltre a ciò sia gli attracchi che le operazioni portuali devono essere effettuate di giorno, con la luce del sole, cosa si naviga prevalentemente di notte), il mare non è stato molto brutto (ora si viaggiava con la prua ad est, il che significa sia vento che mare in prua o quasi, e non al giardinetto o al traverso, come da Vavàu a Niua Fo’ou), attracco a Niua Toputapu verso le 9 del mattino.
Le due Niua sono oltre 200 km più a nord delle Vavàu, molto più vicine all’equatore, entrambe sono a cavallo della linea dei 15ø di latitudine Sud, le Vavàu sui 18ø, le Hàapai dai 19ø ai 20ø e Tongatapu sui 21ø. Fa parecchio più caldo, specie durante l’estate (stagione umida), ossia la stagione dei cicloni, dai quali le Niua sono più colpite, rispetto alle altre Tonga, in specie Niua Toputapu che é abbastanza vicina alle Samoa.
Il principe, parlando durante la navigazione, ha detto che secondo lui, forse sarebbe meglio lasciare Niua Toputapu alle Samoa, e Niua Fo’ou alle Fiji (o a chiunque altro la volesse) magari darle l’indipendenza :-), ma che comunque resteranno alle Tonga, non fosse altro che per una questione di prestigio: Topu (=sacro), Tapu (=proibito), secondo una leggenda che circola in tutta la Polinesia, é stato Maui (un eroe tipo Prometeo, quasi un semidio anche se pur sempre un uomo), che un giorno, avendo voglia di pescare, ha buttato la lenza in mare e ad una ad una, ha tirato su, dal fondo del mare, tutte le isole della Polinesia, e Niua Toputapu è stata la prima ad essere pescata. Oltre a ciò, a Niua Toputapu non c’è mai stata guerra, nemmeno ai tempi antichi tra un capotribù e l’altro. L’isola è piana, su un basso zoccolo di roccia corallina, ma con in mezzo un paio di colline alte un centinaio di metri o poco più, ci sono tre villaggi: Falehau (ove c’è il molo per la nave) circa 150 anime, Vai Poa (=acqua che puzza di pesce), essenzialmente un villaggio di pescatori, circa 200 anime, e Hihifo, circa 600 persone, nonché locale centro amministrativo dell’isola.
Di fronte a Hihifo, divisa da un canale largo meno di 100mt, e profondo, con la bassa marea, meno di mezzo metro, c’è un isolotto disabitato, senza nome, lasciato a jungla. A circa 3 miglia più a nord c’è Tafài, isola che mi dicono non essere vulcanica, pero’ si presenta con il classico cono, alto 400/500 metri, sulle pendici c’è l’omonimo villaggio con un centinaio di abitanti.

Riprendendo con il viaggio, dopo lo sbarco ed aver consegnato i bagagli ad un camioncino, mentre tutti gli altri aspettavano un mezzo di trasporto, Telanisi ed io ci siamo avviati a piedi, lui era stato qui per quasi un anno, parecchio tempo fa, ed ha approfittato per farmi da cicerone e per presentarmi, in un paio di posti, ove c’erano piccoli gruppi di gente a bere kava. Considerato il numero dei visitatori da alloggiare, chi ha qui dei parenti sarà alloggiato presso di loro, gli altri alla bell’e meglio, ove è possibile (nella hall di un club, principalmente). Telanisi ha qui un cugino, tale Lesina Tongotea, ha la mia età, è sposato con Tina (40 anni) ed hanno 8 figli (di cui uno e morto), i due più vecchi (lei 19 e lui 17 anni), sono a Tongatapu, il maschio a scuola, la femmina non so, poi c’è Losa (F, 15 anni), Suliano (M, 13), Tavita (M, 12), Opeti (M, 9) e Nia (F, 8). Per i pasti, invece, visto che facciamo parte della “corte” del Re, e che spetta all’intera comunità il mantenerci, sia Telanisi che io mangeremo assieme al seguito d’altobordo del Re (assieme ai matapule “fuori servizio”, gli alti ufficiali dell’esercito ed un bel po’ di pretame delle più diverse congregazioni).
Il Re e la famiglia (Regina, e principessa Pilolevu) alloggeranno a “Palazzo”, la casa di Màatu, (terzogenito del Re, secondo figlio maschio: sarebbe stato lui, molto probabilmente ad ereditare il trono, perché il principe ereditario ufficiale ha già 55 o 56 anni, non è sposato ed ha già detto di non avere nessuna voglia di sposarsi, e per costituzione il Re DEVE essere sposato, solo che Màatu, che era secondo in linea ereditaria, si è trovato la sua donna e l’ha sposata (una commoneer, non una nobile), contro la volontà del padre, il quale, incazzato, l’ha ufficialmente sprincipato, gli ha lasciato il titolo di nobile ed il feudo, ma gli ha revocato quello di “principe” ;-), per cui, non essendoci altri figli diretti del Re, la discendenza passa ai figli del fratello). Màatu è titolare del feudo di Niua Toputapu, ma al momento non è sull’isola, il principe conosciuto sulla nave, di cui parlavo prima, essendo parente e maschio non può alloggiare con il resto della famiglia per cui è stato ospitato a casa del locale capo prete wesleyano.

Qui ho assaggiato, per la prima volta, una delle delicatezze dell’isola: a Vaipoa e sull’isoletta di fronte a Hihifo, si trovano dei granchi, piuttosto grandini, una quindicina di cm di diametro, ce ne sono tantissimi, specie durante certe situazioni di marea: sono una squisitezza, meglio delle aragoste, visto che era uno dei momenti favorevoli, la gente aveva mandato sull’isolotto i ragazzini a prenderli fino a riempirne i sacchi, poi con i cavalli hanno portato a casa i sacchi pieni, ce n’erano effettivamente tanti, da mangiarne a volontà, facilissimi da preparare: si mettono in pentola coperti d’acqua, ci si mette il coperchio con una pietra sopra per tenerlo fermo e si accende il fuoco, quando l’acqua bolle sono pronti da mangiare, basta aspettare qualche minuto perché scottano :-). Finché sono vivi bisogna anche fare parecchia attenzione a non farsi pizzicare: un granchio di quelle dimensioni, se ti afferra bene un dito e capace di staccarti una o due falangi o anche tutto il dito.

Dopo una breve prima colazione (granchi, ovviamente), Telanisi mi porta alla Niutou’a, una piccola piscina naturale, alimentata da una sorgente d’acqua dolce, creatasi in una spaccatura della roccia corallina dello zoccolo, lunga una trentina di metri e larga mediamente 5 o 6, l’acqua, lì, e profonda circa un metro e mezzo, molto fresca, senza essere fredda, ed alle 11 del mattino, dopo la camminata sotto al sole, immergersi è una delizia. Lì, a fare il bagno, c’erano già 4 o 5 ufficiali dell’esercito, compreso quello che più di un anno prima, subito dopo il mio arrivo a Tonga, aveva risposto militarmente al mio saluto al passaggio del Re, è stato lui a riconoscermi ed a rammentarmi il fatto, nonché a chiedermi perché io, straniero, avessi salutato il loro Re al solo passaggio (cosa che normalmente non fanno nemmeno loro).

Seguirà il pranzo, una buona dormita ed un po’ in giro fancazzando come al solito, la cena e poi un fai kava, purtroppo, però siamo in periodo di putu (lutto per la morte di qualcuno), quindi niente musica e simili, tra l’altro non c’era nemmeno la tou’a. Ero con Telanisi, buio pesto (non c’è illuminazione), lui sapeva che in un certo punto avrebbe dovuto esserci una casa ed ha chiamato, ha sentito dov’era il fai kava, si è fatto dare un po’ di kava perché non arrivassimo a mani vuote, ringraziato e quindi al fai kava, come detto sopra.

Ripartiremo l’indomani nel primo pomeriggio, per arrivare alle Vavàu verso le 7 della domenica mattina: stavolta il mare è buono e la cabina del principe è tutta per me, sia lui che telanisi hanno passato tutto il tempo nella cabina del Re, assieme ad una marea di altra gente.  Nel viaggio ho fatto conoscenza con un gruppo di cantanti/suonatori, invitati dalla principessa per allietare le lunghe ore di navigazione, sono originari delle Vavàu, il “capo complesso” è prete wesleyano a Pangaimotu: cantano e suonano che è una meraviglia.. Il capoccia mi ha detto che se dovessi passare dalle Vavàu, sarà lieto di ospitarmi lui a casa sua, a Pangaimotu.

Telanisi ed io, a Neiafu, andiamo da una sua cugina, tale Mileti, dormiremo tutta la mattina, poi il pranzo, quindi una visita al cimitero, ove Mileti vuole una foto presso la tomba del marito. Piùtardi, dopo cena, Telanisi mi dice che avrò, quella sera, udienza presso il Re, quindi ci avviamo alla casa della principessa Pilolevu (lei è la feudataria delle Vavàu), ove è ospitato il Re, solo che dopo essere arrivati ed avere atteso una mezz’oretta, Telanisi mi dice che il Re era molto stanco e che quindi la mia udienza è saltata (non so se sia vero, oppure se lui ci abbia provato, gli hanno detto nisba e quindi lui ha inventato la scusa della stanchezza, e temo che non lo saprò mai), comunque non è importante.

Tornati a casa, Villi, uno dei figli di Mileti, dice che ha organizzato un fai kava per noi in un villaggio lì vicino, quindi ci andiamo: ottima serata, buona musica (ma soltanto dopo mezzanotte, quando oramai è lunedì), tou’a è Mele, circa 20 anni, non bellissima ma niente affatto male, sembra pronta a cadere dal pero ;-), ma c’è il solito inghippo (c’è sempre il maledetto “ma” da qualche parte, mannaggia!): alle 3 ci dobbiamo imbarcare per tornare a Pangai, riesco a malapena a farmi dare il numero di telefono da Mele ed a darle un bacino sulla guancia, stile europeo, non tongano (per il quale, poi, uno dei partecipanti mi rimprovererà amichevolmente: troppa confidenza in pubblico, gli risponderò che, se non fosse per il fatto che avrei dovuto imbarcarmi, avrei chiesto un Àa, ossia il proseguimento della serata da soli, tra le risate generali e l’apprezzamento di tutti gli altri, che hanno approvato il mio modo di fare ed il fatto che, anche se palangi, non ero ne scemo ne tantomeno a digiuno delle tradizioni), arriveremo a Pangai il giorno dopo, lunedì verso mezzogiorno.

Giusto per chiudere la storia, ho chiamato quel numero la settimana successiva: non era il numero di Mele, ma bensì della casa ove si era tenuto il fai kava, Mele (che non parla inglese) non ha telefono, non abita nemmeno in quel villaggio, ma in uno vicino; ho parlato con la padrona di casa che è stata contentissima di sentirmi, ha detto che era una settimana che Mele chiedeva se per caso mi fossi fatto vivo (chissà, magari potrebbe anche essere vero :-))e che sarebbe stata lietissima di sapere che l’avevo cercata; mi ha invitato a passare da loro la prossima volta che mi fossi trovato alle Vavàu, purtroppo, però, se anche dovesse accadere, non saprei proprio dove andare, non so nemmeno in quale villaggio eravamo, anche se vedendo la casa, probabilmente la riconoscerei; l’unico modo per ricontattarla credo sia di mettermi d’accordo con Villi, ci penserò se e quando si dovesse presentare l’occasione.
 
 

Capitolo 16

NUOVO GIRO PER LE HÀAPAI

Era oramai tempo per il nuovo giro per le Hàapai, con il Magistrato e la squadra della polizia, già dai primi di settembre la partenza veniva rinviata: prima si aspettava Blakie, il pilota e comandante della motovedetta: era a Nuku’Alofa, essendo sergente era andato a fare il corso di “Prosecutor” ossia Pubblico Accusatore. A Pangai l’unico autorizzato era Sailosi, per legge bisogna essere almeno sergenti, cosa lui Sateki (un altro sergente) erano stati spediti al corso. Poi Blakie era rientrato, però la barca aveva dei problemi (nonostante la presenza del meccanico/motorista della barca gemella, di stanza alle Vavàu, ed oramai scassata oltre ogni tentativo di riparazione, e quindi cannibalizzata: uomo e pezzi recuperati trasferiti a Pangai, ma sembra inutilmente o quasi), poi il magistrato non era pronto, poi finalmente la decisione: si sarebbe partiti per il viaggio annuale col Magistrato il venerdì 9 ottobre.
Io, nel periodo immediatamente precedente avevo avuto le mie rogne al Niu ‘Akalo, la situazione si era deteriorata oltre ogni misura: servizi che definire pessimi sarebbe solo un atto di estrema cortesia, dover litigare una settimana di seguito per avere qualcuno che fa le pulizie (o per avere una scopa e farmele da solo), il cibo scaduto di qualità (e spesso anche insufficiente), giusto qualcosa buttato su mezz’ora dopo l’ultimo minuto. Lamentele e lagnanze al riguardo, del tutto inutili. Un po’ meglio dopo la sera che per mancanza di cibo ero andato a mangiare al Billy’s Place, purtroppo, però, dopo una settimana tutto come prima o peggio. Altro breve miglioramento c’era stato in giugno, quando c’era stato ospite un prete filippino, con cui avevo fatto amicizia, in quel caso era stata addirittura ripristinata l’acqua dolce, con una cisterna presa in prestito, però partito quello, nuovamente niente acqua dolce, per fare la doccia con quella salata bisognava cominciare a chiedere che mettessero in funzione la pompa al mattino presto ed andare avanti a chiedere finché non accendevano la maledetta pompa, e con quel clima, se vuoi fare la doccia, non puoi prenotarti 3 o 4 ore prima.
Il mio visto di un anno stava per scadere, sarebbe scaduto il 22 ottobre, ed avrei dovuto fare domanda di rinnovo almeno un mese prima, ed in quella situazione mi ritrovavo a dover chiedere a Seletute una nuova dichiarazione come “Sponsoring family”, bene l’avevo anche fatto, ed al solito mi aveva detto di si, di non preoccuparmi, ma che doveva prima parlare con la famiglia. Io, dopo aver aspettato per un paio di settimane, sollecitando la cosa un paio di volte, mi sono trovato con Sailosi che dice “Domani Sateki va a Nuku’Alofa e porta lui a mano tutte le documentazioni per tutti quelli che devono richiedere il visto, se vuoi devi portare i tuoi documenti entro stasera, andranno a Nuku’Alofa con lui, altrimenti il visto ti scade e non puoi farci nulla”; tutti gli altri miei documenti erano già pronti, mancava solo la firma di Seletute su quella benedetta lettera, per cui le ho detto che oramai non c’era più tempo, o lo faceva in giornata, oppure mi dicesse di no e basta; ed ecco che mi sono ritrovato, all’improvviso, con tutta la famiglia in congresso: la prima Seletute, che chiede che, se in futuro voglio lasciare il Niu ‘Akalo, dovrei dare un preavviso di almeno un paio di anni (sic.), poi continua chiedendo cosa fare per le mie eventuali spese mediche, propone che affidi alla famiglia un tot (indefinito), cosa se capita che mi ammalo e non ho soldi per pagare, possono pagare loro con i soldi che io avrei anticipato (N.B che come residente le cure mediche sono gratuite, se non residente sono tenuto a pagare la tariffa fissa della visita, ossia T$ 2, da pagarsi però una sola volta per ogni malattia, anche se le visite sono 50, le eventuali medicine sono tutte gratuite se sono residente, mentre se non lo sono sono gratuite quelle normalmente disponibili alla farmacia dell’ospedale, mentre sono a pagamento quelle che devono essere importate espressamente; c’è da riferire che il visto di un anno che avevo chiesto ed ottenuto, e quello di 2 anni che stavo chiedendo comportavano automaticamente la residenza); poi ecco Lotolua dire che sarebbe meglio fare un contratto, meglio ancora sentire prima un avvocato (lo dice in tongano e Talo traduce), poi quando gli altri sentono la parola avvocato, in inglese, tutti a dire “no, un avvocato no”, però la cosa è già stata detta ed é lì sul tappeto.

Il colpo di grazia alla situazione lo da Loleto (al telefono, da Nuku’Alofa): chiede che anticipi alla famiglia le spese per l’eventuale mio funerale e, per quantificarle meglio mi chiede cosa voglio che facciano, all’occorrenza. Oramai ho capito come stanno le cose, nessuno ha detto “dammi 3000 $”, però non c’è mica tanto da stare a sfogliare verze, le cose stanno in questo modo: o pago (e l’anno prossimo saremo daccapo a pagare con chissà che altra scusa), oppure dico che non ci sto e niente visto; cosa dico a Loleto che se dovessi morire lì a Tonga, sono sicuro che si troveranno dei volontari per scavare una buca profonda un paio di metri per seppellirmi, e che se i volontari non si trovano, poco male, a me a quel punto non me ne potrà fregare di meno, e l’olezzo lo dovranno sopportare gli altri, oppure che se preferiscono, possono buttare il corpo in mare, che io avrò a quel punto ben altre preoccupazioni riguardo alla mia anima, e cosa chiudo il discorso al telefono, agli altri dico che ho capito, pianto lì la discussione e me ne vado. Il più serio della compagnia è stato Puluno, che è rimasto lì ad ascoltare tutto senza dire una parola, facendo finta di dormire, ma con una faccia parecchio schifata per quello che sentiva.  Saprò poi da Lisia che ha litigato pesantemente con le donne, e che ha rammentato loro i 10.000$ l’anno che con quello scherzo avevano perso.

Piuttosto sottosopra, a quel punto vado in città per dire a Sailosi che non se ne fa nulla, solo che per strada trovo Telanisi che mi da un passaggio, mi vede di umore nero e vuol sapere la storia, cosa gliela racconto, e lui, alla fine, come una ciliegina sul gelato, dice che se voglio mi sponsorizza lui (il che era proprio quello che speravo), andiamo dritti da Sailosi, io consegno tutti i documenti e lui scrive la sua bella dichiarazione, che viene allegata ed il tutto é fatto (sempre SE a Nuku’Alofa accetteranno, e SE Loleto non farà la stronza). Poi Telanisi mi porta vicino alla casa di sua sorella, nella zona più a sud di Pangai (o forse è già Tongoleleka, non saprei proprio, comunque è a meno di 500 mt dal palazzo del Governatore che é ufficialmente il “centro”), c’è un appezzamento urbano, di quelli grandi, mai suddiviso, circondato da una siepe, cui si accede direttamente dalla strada principale: a parte una baracca di lamiera arrugginita, l’appezzamento è vuoto, dice che sia quell’appezzamento che quello con la casa della sorella, lì a fianco, sono suoi, se mi va, dopo che mi avranno dato il visto, posso costruirmici io la casa che voglio, ci pensa lui a far ripulire il tutto ed a togliere dalle scatole la baracca arrugginita, nonché a trovare volontari se mi servirà una mano per i lavori, se mi serve un contratto scritto, si può fare: mi affitta l’intero l’appezzamento per T$ 1 ogni 5 anni, contratto rinnovabile.

Bene, torniamo al viaggio, per tutta quella storia che non sapevo ancora come sarebbe andata a finire ero piuttosto sottosopra, il giovedì arriva da Nuku’Alofa il capo della Polizia di Tonga, dice che la motovedetta (e Blakie) dovranno restare a sua disposizione, e noi restiamo a piedi :-). Dopo un paio di giorni di consultazioni varie si trova finalmente l’accordo per una soluzione: il Ministero dell’Istruzione dispone di una barca sui 15 mt, scoperta, in vetroresina con motore diesel entrobordo (dono del governo Giapponese), la Pako.  Useremo la Pako all’andata fino a Nomuka, visto che quelli dell’Istruzione devono spostare laggiù un paio di persone, tutte le spese di carburante saranno a loro carico, noi saremo tutti ospiti, la Pako sarà a nostra disposizione il lunedì per andare a Fonoi ed a Mango, poi loro rientreranno; nel frattempo la motovedetta dovrebbe essersi resa disponibile e verrà a prelevarci a Nomuka, il venerdì successivo, per portarci ad Hàafeva e per la seconda parte del viaggio.

Il Magistrato non è lo stesso dell’anno scorso, quello era già in pensione e richiamato in servizio, ed ora è andato negli USA per un paio di mesi di ferie, lo sostituisce uno più giovane, viene da Nuku’Alofa ma è originario di Hàafeva, tale Folau. Si prevede che Folau, ora a Pangai solo temporaneamente, al rientro dagli USA dell’altro, lo sostituirà definitivamente, cosa quello vecchio potrà godersi finalmente la meritata pensione.

Anche la situazione politica è parecchio diversa da quella dell’anno scorso: Il vecchio Governatore delle Hàapai (che stava sempre a Nuku’Alofa, ove aveva anche altri incarichi di governo), era stato sorpreso a versare fondi pubblici su uno dei suoi conti personali :-) (come si vede, tutto il mondo è paese), per cui era stato destituito, al suo posto è stato nominato Governatore un altro nobile, che si é insediato fisso a Pangai.
In seguito a tutto ciò, abbiamo che l’anno prima avevamo un magistrato che ricopriva anche la carica di Governatore FF, mentre quest’anno abbiamo solo un magistrato giovane, non ancora molto conosciuto, che copre un buco dell’organico, ed in attesa assegnazione definitiva. C’é pure una grossa differenza nella situazione generale rispetto all’anno precedente: a causa del lungo periodo di siccità le piantagioni non hanno dato praticamente nessun raccolto: senz’acqua le piante non crescono. Nelle isole la gente beve le noci di cocco, per lavarsi usano l’acqua del mare, in qualche posto scavano dei pozzi che però ben presto si esauriscono, cosa bisogna scavare da qualche altra parte, mentre l’anno prima era stato un anno piuttosto ricco. Anche per i servizi logistici ci sono delle grosse differenze: uno dei poliziotti di Nomuka (quello che faceva il pescatore) è in ferie, la prigione di Nomuka Iki è stata chiusa proprio il giorno del nostro arrivo, e sia le guardie che gli 8 prigionieri sono stati trasferiti a Nuku’Alofa, quindi i poliziotti che sono con noi dovranno, oltre che svolgere i loro compiti dati dalla spedizione, anche fare servizio a Nomuka per dare un po’ di riposo a quello oramai da più di un mese è da solo, oltre a ciò non c’è più a disposizione il prigioniero che l’anno scorso lavorava ed andava a pescare per noi.

Anch’io sono diverso: so già cosa aspettarmi, non si tratta più di novità, ho inoltre uno spirito del tutto diverso, l’anno scorso ero tutto gasato, ora per la storia del visto sono demoralizzato, una grossa parte dell’avventura semplicemente non c’è più, le cose non sono cosa divertenti come lo erano state l’anno prima, non male, ma sicuramente non cosa piacevoli. Siamo già a Nomuka, le escursioni a Fonoi ed a Mango sono già state fatte (quest’anno c’era tempo, e con Make ho scalato la collinetta centrale di Mango, forse 50 mt di altezza). Poi, il mercoledì ci arriva la notizia che uno dei motori della motovedetta è in avaria, ed in quella situazione, con un solo motore non si puo affrontare il viaggio, le news dicono che ci vorranno mesi per le riparazioni (sempre che siano possibili e che si trovino i fondi necessari). Il capo della Polizia di Nuku’Alofa ha vietato l’utilizzo della barca per la nostra spedizione: c’è troppo rischio di far saltare anche il secondo motore, per cui siamo lasciati a noi stessi a Nomuka, e dobbiamo continuare la spedizione con mezzi di fortuna. Il venerdì sarà un peschereccio a portarci ad Hàafeva, e da la useremo le barchette dei pescatori di quell’isola per spostarci da un’isola all’altra.

A Nomuka, l’acqua delle cisterne è naturalmente esaurita, qui però sono fortunati: ci sono 2 laghi, uno più grande, di acqua salata, l’altro più piccolo, in mezzo al villaggio, ed è d’acqua dolce, l’acqua di questo secondo lago è però già evaporata (od assorbita) tutta, è rimasta solo una distesa di fango essiccato. Lì, a cominciare dai bordi, hanno scavato dei pozzi, non occorre andare molto in profondità e si trova l’acqua (solo che prima di usarla bisogna lasciare che il fango si depositi, poi travasarla molto delicatamente, filtrarla e poi bollirla, insomma un lavoraccio). Dopo qualche tempo il pozzo si esaurisce, allora se ne scava un altro qualche metro più verso il centro ed il giro ricomincia: darà acqua per qualche tempo prima di esaurirsi a sua volta e cosa si dovrà ripetere il ciclo.

Un giorno è venuto a cercarmi il town officer, si ricordava che gli avevo riparato uno dei due desalinizzatori, che però, a detta sua, era nuovamente rotto, cosa sono andato a dargli un’altra occhiata: in oltre un anno nessuno l’aveva mai messo in funzione, la macchina, forse, con le parti di ricambio che nel frattempo avevano ricevuto da chissà dove, si sarebbe anche potuta riparare, però qualcuno si era fregato le lamiere della tettoia esterna, sotto cui sta’ la motopompa che pesca l’acqua del mare e la manda in pressione agli scambiatori osmotici; morale della favola la motopompa era completamente arrugginita e bloccata, mi sono fatto dare una mano da David, il motorista della motovedetta che era lì con noi per vedere di smontarla e sistemarla, ma non è stato possibile fare nulla: quando si cercava di svitare i bulloni, i dadi (o le teste), già completamente marci, si sbriciolavano, per cui abbiamo lasciato lì quel monumento di ruggine ad imperituro ricordo di 2 desalinizzatori che non hanno mai prodotto mezzo litro di acqua dolce, il tutto a causa dell’incuria.

In quella circostanza ho fatto amicizia col town officer, che mi ha invitato ad andare anche da loro per qualche tempo (gli erano arrivate parecchie voci dei miei vagabondaggi), cosa ho promesso che se mi sarà possibile (=se avrò il rinnovo del visto) ci andrò nel prossimo marzo (dopo la stagione dei cicloni, e quando c’è ancora abbondanza d’acqua), sarò ospite da lui, vedremo.

Le serate, a Nomuka, quest’anno sono state molto tetre: ho partecipato a due soli fai kava, di cui uno al club senza tou’a, per l’altro c’era una ragazza, maestra elementare, già fidanzata. La ragione di cosa ridotta attività sociale sta’ nella scarsità d’acqua, c’è semplicemente troppo lavoro da fare per procurarsi i 200/300 litri d’acqua che servono per un fai kava, ed in quella situazione, sicuramente si sarebbero aggregate parecchie persone, più gente c’è, più grande è la necessità d’acqua, facile preventivare almeno 3 litri d’acqua per persona, e facile anche preventivare un centinaio di persone, in quel contesto.

Asa è preoccupato, sua moglie a Pangai dovrebbe partorire, lui dice che avrebbe dovuto sgravare da oltre 2 settimane, che è troppo in ritardo etc. etc., io cerco di confortarlo, gli dico che ha una moglie ed un figlio pigri (in questi casi è un complimento), che sarà il primo che conosco ad avere un figlio decimino, lui ascolta, si risolleva un po’, ma dopo mezz’ora ricomincia ad agitarsi. Mi ha chiesto il permesso, se sarà maschio, di chiamarlo Walter, dice che ne ha parlato con sua moglie e che anche a lei piacerebbe, mi ha anche spiegato che poiché il nome viene da me (e non da un’altro Walter qualsiasi), se accetto divento una specie di padrino, con anche degli obblighi annessi, e che se non me la sento di prendermi l’impegno penserà a qualche altro nome, senza prendersela a male: gli ho dato il mio consenso :-).
Il viaggio da Nomuka ad Hàafeva, sul peschereccio (forse una decina di metri di lunghezza) è stato più che buono, direi ottimo: stravaccati chi di qua, chi di la, col motore che batte un ciuf ciuf lento e monotono, mare buonissimo, brezza leggera, Asa ed un altro che cantano e suonano la chitarra, ogni tanto un bocconcino prelibato, sole, manca solo una birra fresca ma non si può avere proprio tutto, insomma, per 4 o 5 ore una vera pacchia.
Anche nel distretto di Hàafeva la situazione è pesante a causa della siccità: in Hàafeva pescano acqua dai pozzi fissi, ma deve essere bollita prima di essere consumata, per lavarsi, naturalmente, si va in mare, anche i panni vengono lavati in mare, solo alcune cose ricevono la sciacquata finale in acqua dolce (che generalmente viene poi riciclata per bagnare gli orti). Unica grossa abbondanza, sia qui’, sia nelle isole circostanti, cosa come era stato a Nomuka è il pesce: vista la carenza di prodotti agricoli, i locali vanno a pescare e si danno da fare, cosa c’è parecchio pesce anche a nostra disposizione, ad Hàafeva poi ci sono i manghi, ci arriviamo nel pieno della stagione e gli alberi sono stracarichi. Sembra strano, ma già nelle isole circostanti, lontane non più di 4 o 5 km, ce ne sono pochissimi (di frutti intendo, perché di alberi ce ne una quantità). Ad Hàafeva la stagione dei manghi è in pieno già da un paio di settimane, qui oramai sono tutti stufi di manghi, li mangiano, li spremono e mischiano il succo con latte di cocco e si bevono il cocktail che in effetti è una squisitezza. Per noi è una novità: al mattino, prima di partire, si va nel bosco con un paio di carriole ed in mezz’ora siamo carichi: serviranno, oltre che per rinfrescaci la bocca nel viaggio di andata, anche come dono alla gente delle isole che visitiamo, in cambio, in genere, ci danno pesce.  Stavolta siamo ospiti di Auka, tutti tranne Folau, il Magistrato, che sta nella casa (vuota) di suo fratello: ci si è installato assieme al ragazzo che fa da cancelliere, cameriere e tuttofare.
Rivedo con piacere, in giro per le isole, parecchi amici, é anche capitato più volte che chiedessero a me chi fosse Folau o qualcuno dei poliziotti giovani al loro primo viaggio :-). Comunque nulla di avventuroso quest’anno, tutto molto calmo e tranquillo.
Asa, al corrente della mia situazione al Niu ‘Akalo, durante il viaggio mi ha più volte invitato ad andare a stare da lui: suo padre, prete wesleyano, è stato trasferito da Koulo a Pangai, con lui si sono trasferiti anche Asa con la moglie ed il figlio. La casa che gli è stata assegnata (é annessa alla chiesa, qualcosa come la casa parrocchiale) é molto grande e ci sono diverse stanze vuote, la cosa non sarebbe però immediata, non sono riuscito bene a capire perché, ha cercato di spiegarmelo ma si è perso per la strada :-). Anche Folau mi ha invitato ad andare a stare da lui (quando riceverà l’incarico definitivo e quindi anche l’assegnazione della casa che per il momento è ancora occupata dal vecchio magistrato, ora in ferie), quest’ultima soluzione mi andrebbe a genio, anche perché, oltre che essere ospite del Magistrato, sarei anche in centro a Pangai, attaccato alla residenza del Governatore.

Una cosa doverosa da riportare: c’è stata una mareggiata, nemmeno tanto forte, che ha distrutto (si è portata via) il nuovo molo di Hàafeva, forse non avevano pregato abbastanza, o forse non avevano pregato con abbastanza convinzione, oppure, molto più probabilmente, avevano fatto un lavoro con i piedi, o con qualche altra parte anatomica non troppo atta alla bisogna. Dopo terminato il molo dovevano ancora dragare il fondo per approfondirlo, nella zona ove avrebbero dovuto attraccare i ferry. Quando c’è stata la mareggiata che si è portata via il molo non avevano nemmeno finito di dragare :-(. I locali, al riguardo, danno la colpa agli uomini del “Ministery of Work” che avevano ricevuto l’appalto di eseguire i lavori, e li hanno effettuati male, ma (dicono) si sono preoccupati di far andare molto in alto il monte straordinari :-).

Uno degli ultimi giorni ad Hàafeva, finalmente ha piovuto, pioggia forte battente, tutto un pomeriggio e la notte successiva, ma già a Matuku, distante 5 o 6 km niente. Il venerdì mattina si ritorna a Pangai, usiamo ancora la Pako: ha portato alcuni funzionari del Min.  Istruzione da Pangai a Uiha e li dovrà riportare indietro nel tardo pomeriggio, nel frattempo è quindi venuta a prelevarci, faremo sosta di un paio d’ore a Uiha e Felemea, poi imbarchiamo i tizi e si ritorna a Pangai, ove arriviamo verso le 5 del pomeriggio. Il guaio maggiore, del viaggiare con la Pako, è che uno degli uomini dell’equipaggio è un prete, ebbene, sia alla partenza che quando si giunge in vista del porto di arrivo quello si mette a pregare, perché venga concessa una buona navigazione alla partenza, e per ringraziare all’arrivo, il problema consiste nel fatto che tra preghiere, lettura della bibbia ed inni sacri si avanti più di mezzora, ed anche se non partecipi direttamente, devi comunque tenere un atteggiamento “contegnoso” :-)

Al mio ritorno a Pangai, al Niu ‘Akalo, ci sono ospiti un paio di tecnici del Ministero dell’Aviazione Civile, oramai hanno finito i loro compiti, ripartiranno lunedì sera, con l’Olovaha, uno si fermerà alle Vavàu, l’altro prosegue per Niua Toputapu, cosa, dopo averne accennato sia a Telanisi che a Sailosi (entrambi dicono che sia la cosa migliore da fare se voglio proprio andarmene dal Niu ‘Akalo), decido di approfitare dell’invito che Lesina mi aveva fatto a suo tempo: se volevo andare a Niua Toputapu per qualche tempo, avrei potuto stare da lui.  Così Telanisi lo preavvisa telefonicamente, ed io, il lunedì preparo i bagagli definitivamente, trasferisco a casa di Telanisi le cose che non mi porto dietro e chiedo il conto: la Seletute sembra stupita, vuol sapere perché me ne voglio andare, rispondo che non posso, ne tantomeno voglio stare in un posto ove sono indesiderato, anche se si tratta di un hotel, lei dice che no, che sono sempre ben accetto, io obbietto che, se fosse per loro, avrei già dovuto lasciare il paese, e che la sua scelta l’ha fatta, molto chiaramente, quando ha deciso di non sponsorizzarmi: sono tanto benvenuto che preferisce che lasci il paese, piuttosto che tenermi lì. Segue una lunga scena, anche imbarazzante, poi manda Talo a prendere la lettera di sponsorizzazione e me la firma sotto agli occhi, io la rifiuto, dico che ora è perfettamente inutile, oramai é tardi, quella lettera avrebbe dovuto essere firmata un mese prima ed essere presentata col resto della documentazione.
Seguono altre storie per il conto: Lotolua cerca di caricarmi le 13 notti che sono stato in giro per le Hàapai, quando sono in viaggio faccio sempre i bagagli, libero la casa e consegno le chiavi, avessimo stabilito l’affitto a mese capirei, ma hanno voluto fissarlo a notte, inoltre, tutte le altre volte che sono stato in giro, non ho mai dovuto pagare, per cui contesto, ma non vuole sentire ragioni, dice che a lei, Mele ha detto che devo pagare anche quando non ci sono, io dico che a me, Sosefo ha detto di non pagare, chiede chi sia Sosefo ed io ribatto chiedendo chi sia Mele, lei dice che è l’ispettrice di Polizia capo dell’ufficio Immigrazione, l’amica di Loleto, cosa pago tutto e dico che a mio parere si tratta di 130$ rubati, questo in effetti la colpisce, però piglia i soldi e se ne va. Subito prima di partire, arriva Talo e vorrebbe darmi indietro 100$ (credo che Lotolua abbia riferito la mia affermazione e che Seletute abbia detto di rendermi il centone) che io però rifiuto: dico che o i soldi sono dovuti ed allora non mi devono ridare nulla, oppure non sono dovuti ed allora me ne devono dare indietro 130 e non 100, cosa se ne va e torna dopo pochi minuti con i 130 cheaccetto. Subito dopo arriva Telanisi, carico tutte le mie mercanzie sulla sua macchina e lascio definitivamente il Niu ‘Akalo
 
 

Nota dell’autore:

Quanto sopra narrato è l’esperienza personale del mio soggiorno alle Hàapai, Vavàu e Niuas islands, Kingdoom of Tonga. I fatti descritti non sono immaginari, ma sono come effettivamente io li ho vissuti, nel periodo dal 1 aprile fino al 26 ottobre 1998. I nomi delle persone sono reali, anche se in qualche caso sono stati volutamente omessi.

Walter Mascarin

 
 

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