Diario del viaggio
e della permanenza alle Friendly Islands
© 1997 by
\//.\\\ascarin, Pangai - Tonga Kingdom.
Capitolo 10
Il periodo dal 12
Novembre al 15 Dicembre è raccolto in 3 parti (capitoli 7, 8 e 9)
e riguarda le esperienze di viaggio a Kotu, Tofua ed Ha’afeva, per cui
ritengo opportuno consigliare il lettore di leggere, nell’ordine, KOTU.TXT,
TOFUA.TXT e HA_AFEVA.TXT, poi riprendere da qui.
23 Dicembre 97
Sono 8 giorni che
non faccio altro che scrivere (maledetto tasto della “a” che non funziona,
ho dovuto fare una macro, ed ora per avere la “a” devo schiacciare F12,
però non è che mi venga automatico, non ancora, le dita devono
ancora imparare), ed ora comincia a dare fastidio anche la “c”. Ho già
scritto tutto su Kotu, su Tofua, e più di meta’ di Ha’afeva, mi
mancano 4 o 5 giorni (del viaggio) e poi ho finito. Ho deciso ora che chiuderò
questo capitolo col 31 dicembre, lo spedirò il 2 o appena mi arrivano
i negativi da Nuku’alofa, Ci sono delle foto che andrebbero scannerizzate
e le GIF incorporate nel diario.
La radio, giusto
adesso, sta lanciando un warning generale, il vento si sta’ rinforzando,
per domani sono previsti venti da 25 a 35 nodi in aumento, ed è
possibile, se la tendenza prosegue, che la prossima settimana ci sia un
ciclone. Sarebbe il mio primo ciclone, il ciclone di Natale. Sempre parlando
di radio, c’è una rubrica particolare, si tratta di annunci, di
ogni e qualsiasi tipo. Uno telefona alla radio e dice cosa trasmettere,
serve principalmente per tenere i contatti con la gente delle isole, i
più comuni sono qualcosa del tipo: Tizio, in xxxx vada domani a
yyyy, sta’ arrivando sua sorella; ma ce ne sono anche di più curiosi,
una decina di minuti fa hanno detto: Il tal dei tali, in Ha’afeva (e’ il
town officer) vada stasera alle 17 all’arrivo dell’Olovaha, ci sono 28
casse di birra da ritirare :-).
Qui al Niu’Akalo gli altri ospiti se ne sono tutti andati, sono rimasto solo, in cambio sono arrivati altri della famiglia per il Natale: Lolohea (uno dei figli adottivi di Seletute, sui 35/38, e venuto con la nave, non lo conoscevo ancora; con l’aereo, invece, sono arrivate Loleto e Kalisi (una nipote, nonchè cugina di Talo e delle gemelle 20/22 anni circa) ha con se la figlia lattante, di 3 mesi. Avrei dovuto (da programma che mi ero fatto) passare il Natale a Kotu, ma Seletute ha insistito è sono qui, però forse è stato un errore: loro sono tutti una famiglia, ed io li in mezzo, checche’ ne dica Seletute, sono ancora troppo estraneo, forse non per lei, Willy e Talo, ma per gli altri si. Cosi’ mi sono fatto dare da Talo un bel po’ di birre: è una serata ottima per la sbronza <burph> di Natale.
25 Dicembre 97
B U O N N A T A L E A T U T T I
Ed ora una picola disquisizione sulla kava. Ho saputo che, tra i lettori di questo mio diario di viaggio, c’è un certo interesse sull’argomento, nella parte riguardante Tofua ho spiegato un po’ come avviene la coltivazione e la preparazione, altre volte ho narrato del rituale del consumo e del fatto che praticamente tutte le sere (o quasi) si beve kava. Qui cercherò di esprimere qualcosa d’altro, non saprei come definirlo, forse solo una testimonianza, riguardante la kava, che è inequivocabilmente un aspetto molto’ importante di questa societa’, e contemporaneamente uno dei meno conosciuti e compresi dagli estranei ai popoli del Sud Pacifico. Ed oggi è il giorno giusto per farlo.
La kava viene bevuta sempre, non c’è occasione o momento che non sia indicato per la kava. Avrete letto che si beve alle nascite dei figli, per i fidanzamenti, un fai kava che termina in un certo modo è visto socialmente quasi come un matrimonio, si beve ai funerali, prima e/o dopo le funzioni religiose, come benvenuto, alle cerimonie, alle feste, all’incoronazione del Re, alle sedute dei consigli dei ministri, quando si aprono le sessioni del parlamento, ogni sera alla stazione di polizia, nei clubs come da noi il vino nelle osterie, a casa delle ragazze da marito mentre tengono “salotto” e l’elenco può continuare, molto lungo.
Qui c’è una leggenda sull’origine della kava, narra che un Re, nei tempi antichi, sia andato a far visita ad una famiglia molto povera, e quelli, non avendo alcunché da offrirgli da mangiare, arrostirono la figlia (che era lebbrosa e quindi sacrificabile) e con quella imbandirono il banchetto. Il Re, quando se ne accorse, fece raccogliere ciò che restava del povero corpo e lo fece seppellire, dalla tomba gli dei fecero nascere due piante, entrambe considerate sacre: la canna da zucchero e la kava. Alcuni antropologi hanno affermato che è un’allegoria che narra del periodo di transizione relativo alla fine del cannibalismo, io non sono molto d’accordo, qui vigeva il cannibalismo ancora dopo l’arrivo dei primi bianchi, fino ai tempi delle prime missioni, fino tutto il 1850, e qualche volta anche dopo, e la kava è antica, di molti secoli più antica.
Quando qui arrivarono
i primi missionari cristiani, molti di essi finirono nell’umu, o arrostiti
sul palo come i maiali, ma poi pian piano riuscirono ad aprire uno spiraglio,
introdurre un piede e ad entrare. Come avevano fatto spesso prima (ed anche
dopo) con altri popoli, anche qui una delle prime cose che fecero fu di
distruggere ogni e qualsiasi forma di cultura e di tradizione preesistente,
giusto per essere sicuri che nulla restasse dei vecchi Dei e dei culti
pagani. Poi sulla terra bruciata, sul nulla culturale seminarono la filosofia
del peccato, per il quale bisogna pagare per avere la salvezza, e sui ruderi
rimasti costruirono le loro chiese, meglio se sugli stessi siti dei vecchi
culti, usando come basamento proprio gli oggetti della precedente venerazione,
per dimostrare ai neoconvertiti la superiorita del loro Dio. E se cosi’
facendo distruggevano tutto dei popoli da cristianizzare, non aveva alcuna
importanza, l’importante era salvare le loro anime.
Spesso, però,
ci sono state eccezioni, cose che non si potevano distruggere e cancellare:
se, e finché, ci avessero provato sarebbero sempre stati ributtati
a mare a furor di popolo, e le alternative sarebbero state solo due: o
ammazzare tutti, oppure tollerare e incorporare nei nuovi riti, le vecchie
tradizioni che non si potevano abbattere.
A volte hanno scelto la prima delle due soluzioni, e di questi casi, noi discendenti dei portatori del vero Dio, non abbiamo molto di cui andar fieri dei nostri avi, cito un solo esempio, se ce ne fosse di bisogno: Cortes e gli Aztechi. In molti altri casi hanno usato la seconda alternativa: ecco che possiamo assistere a cose che, per un estraneo a quella particolare etnia, possono sembrare stranissime. Qui, una delle cose che non è stato possibile distruggere è stata la kava, e con essa alcuni degli aspetti collegati.
Questa sera sono andato alla messa di Natale, si trattava di messa cantata solenne, solitamente qui la messa dura poco più di un’ora, questa è durata due ore e mezza. Tanto per essere precisi, e non dar adito a dubbi, si tratta della messa in una chiesa Cattolico Romana.
C’è un momento particolare della messa (non conosco il termine liturgico), subito prima che l’officiante si lavi le mani, che, se ben ricordo, e detto “lavabo”. In quel momento, qui, è d’uso che una piccola processione porti verso l’altare il calice, le pissidi, il vino e l’acqua che verranno usate durante il rito, solitamente in coda c’è anche un cestino col ricavato della questua.
Questa sera, durante la messa di Natale, c’erano anche una quindicina tra ragazzi e ragazze che facevano la loro prima comunione, loro mallevadore era Telanisi.
Sono stati questi ragazzi stasera, a fare il piccolo corteo, erano tutti vestiti di bianco, maschi e femmine, portavano come sempre, il calice ed il vino, le due pissidi, le chiavi del tabernacolo e l’acqua, gli altri, dietro, recavano piccoli doni, generalmente un pacchettino, ma un paio portavano collane di fiori e le hanno messe al collo dell’officiante e di quello che serviva messa (il famoso chierichetto). Avanzavano lentamente sul passaggio centrale, su due file allargate, quasi rasenti ai banchi, li seguiva, leggermente staccato, Telanisi, lui era scalzo, è ancora a lutto per la morte del padre, per cui vestiva sia il tupenu che camicia e cravatta neri, la ta’ovala era chiara, ma listata pure lei di nero; lui è un gigante, credo superi i 2 mt di altezza. ad un certo punto si è fermato e si e’ seduto per terra in mezzo al passaggio, mentre i ragazzi sono andati a presentare i doni per poi tornare e sedersi per terra pure loro. Ma ce n’era un altro, in testa al gruppo, un paio di metri davanti agli altri, nel mezzo del passaggio, mentre le due file lo seguivano ai lati, camminava da solo, lento, e guidava il passo di tutti gli altri. Lui, nella messa solenne della notte di Natale, prima degli oggetti sacri che lo seguivano, e dei doni, ha portato all’altare una radice di kava.
26 Dicembre 97
Tutto considerato
è stato un Natale abbastanza di cacca, qui la famiglia era troppo
occupata con i membri venuti per la festività per dare retta a me,
il risultato è che ho passato un Natale piuttosto solitario, sarebbe
stato meglio se fossi andato a Kotu, o ad Ha’afeva, ma del senno di poi..
Ieri ho ascoltato,
alla radio, il messaggio augurale del Re (in tongano,) Loleto ha tradotto
le cose più importanti, nulla di interessante, poi anche quello
in inglese della Regina, anche qui nulla di importante. Seletute ha commentato
che quando ci sono le news, localmente non sucede mai nulla, capita ogni
2 o 3 anni che uno vada fuori strada con l’auto o il camion perché
ubriaco, o magari muore qualcuno e la radio ne da’ l’annuncio; nelle news
internazionali, invece, c’è sempre un sacco di roba che sembra importante,
e quando parlano di morti, si tratta sempre di centinaia o migliaia di
persone alla volta, oppure di gente molto importante.
In mattinata è rientrato Lolohea, era andato, per il Natale a Uiha (credo dalla famiglia originaria), con lui 3 o 4 amici ed una mezza cassa di birra, ci siamo accampati al fresco, sotto agli alberi, quando la birra è finita Lolohea è andato a rinnovare la scorta al bar, il prete (uno degli amici) è andato a recuperare una bottiglia di tequila (solo mezzo litro, purtroppo), cosi’ ci siamo scolati pure quella (allungata con acqua e limone), una buona mattinata. Poi a nanna, faceva caldo: il tempo è cambiato, sole feroce a picco (qui siamo in piena estate), il vento è calato ed il pericolo di ciclone e’ rientrato. In serata i ragazzi hanno improvvisato uno spettacolo, ho apprezzato, se non la tecnica, almeno la loro buona volontà.
27 Dicembre 97
Stanotte ho ricevuto
una visita del tutto inaspettata, e molto, molto gradita: ero sveglio,
stavo ascoltando la radio a luci spente, mancava poco a mezzanotte, una
ha bussato ed ha detto “Uatta, open the door”, ma non ce n’e’ stato bisogno:
era già aperta. è venuta a farmi il suo regalo di Natale
e se n’e’ andata con le prime luci.
Stamane sono andato
all’ufficio postale per spedire i rullini a Nuku’alofa, ma era chiuso,
riapriranno il 2, spedirò il tutto quel giorno (o lo farò
recapitare a mano da Loleto). Significa che questi 3 capitoli partiranno
per l’Italia dopo l’epifania. Però a fianco dell’ufficio postale
c’è l’agenzia della Royal Tongan Airlines, li’ c’era solo una ragazza
(bella), era piuttosto scazzata di dover lavorare da sola e senza quasi
nulla da fare, io ero parechio su di morale, cosi’ sono rimasto un’oretta
a farle compagnia e ad intortarla un poco, non le ho nemmeno chiesto come
si chiama, lo farò la prossima volta :-). Sono passato pure alla
stazione di polizia, c’era solo Mavai, gli ho fatto registrare, sul log
della stazione, i miei auguri di Natale (tardi) e di buon anno (in anticipo)
per tutti quanti.
31 Dicembre 97
In mattinato sono
andato a fare gli auguri a Sailosi, tra gli altri c’era pure Pilla (lo
prendono un po’ tutti in giro per i suoi 9 figli, dicendo che nessuno gli
rassomiglia). Mi ha invitato al pranzo di fine d’anno. Qui non si fa il
cenone di mezzanotte, bensi’ il pranzo (=banchetto) verso l’una del 31
dicembre. Non tutti organizzano il banchetto, solitamente solo uno o due
per ciascuna famiglia estesa, e tutti gli altri andranno da loro. Non avevo
mai visto i miei ospiti, però mi hanno ricevuto come l’ospite d’onore
e piazzato di fronte al capofamiglia. Giusto per chiarire, ho mangiato
solo 2 delle mie aragoste, e non ho toccato il maialino. Ho fatto un paio
di foto, gliele porterò quando saranno pronte, almeno questo glielo
devo. Più o meno tutti si sono alzati a fare il loro discorso, cosi’
quando è stato il mio turno l’ho fatto pure io, devo aver detto
parecchi spropositi, e non ho idea se quanto ho detto fosse o no in argomento
con i loro, ma non ha importanza. Dopo di me ha parlato il capofamiglia
(quindi ho selto il momento giusto), ha parlato in tongano on una breve
frase di ringraziamento per me in inglese.
In serata, verso
le 10, mi sono unito al resto della famiglia Falevai che ndava in hiesa
(io però sono andato dai weslewyani, loro dai Cattolici). Fine del
tutto poco dopo mezzanotte, per cui, tornando indietro me ne sono ito a
bere kava alla stazione di polizia :-). Scelta, la mia, particolarmente
felice: dopo una decina di minuti è arrivato Sailosi (anche lui
di ritorno dalla chiesa), ha mandato i suoi 4 uomini di servizio ad indossare
l’uniforme, poi si è armato di una grossa anguria e di una radice
di kava, e con la jeep (luce blu accesa) tutti assieme a fare gli auguri
al Governatore. Io non avevo alcun presente, ma Sailosi ha detto che anguria
e kava rappresentavano tutto il gruppo, quindi ero a posto. Dopo gli auguri
(ed ovviamente qualcosa da mangiare, offerto dal Governatore), ho dovuto
raccontare qualcosa del mio recente viagio alle isole, poi ho dovuto tagliar
corto: fuori dalla finestra si vedeva una fila di macchine i cui occupanti
aspettavano che noi ce ne andassimo per andare pure loro a fare gli auguri.
Via da li’, dritti alla stazione di polizia, ove, sotto al porticato era già allestito un fai kava. Li’, fino alle tre e mezza sono arrivati i rappresentanti di quasi tutte le famiglie dell’isola (il capo della polizia è la seconda autorità governativa, lui va solo dal Governatore, alcuni altri vanno anche loro, prima, dal Governatore, ma quasi tutti vanno da lui). Arrivano, un giro di strette di mano con auguri e bacio sulla guancia, poi seduti a bere un paio di tazze, quindi via per qualche altra destinazione. Quasi tutti hanno portato uno o due pacchi di kava (li’, ora, berranno gratis fino a fine febbraio). Sailosi ha detto che ho fatto bene ad andarci, che quello, quella notte, era il mio posto, si è scusato per non averci pensato lui e di non avermi avvertito, però, visto che ero li’, tutto era OK. Dopo le 3 e mezza mi hanno portato a casa, loro però sono andati avanti fino alle 8 del mattino dopo.
Un unica cosa da
citare ancora, prima di chiudere questo capitolo. Nella tarda mattinata
è arrivato Puluno con 3 amici (uno l’avevo conosciuto ad Ha’afeva,
lavora alla costruzione del molo), una cassa di birra (25 bottiglie da
1/3) ed una bottiglia di ruhm, però i quattro, prima di arrivare
qui al Niu Akalo vevano già salassato abbondantemente la birra,
io ho fatto il quinto del gruppo. Quando la cassa è finita, in 2
sono andati in citta’ a recuperarne un’altra mentre noi ci accontentavamo
con il ruhm. Quando, verso le 5 di sera e’ finita pure la seconda cassa,
tutti in citta’: la terza l’ho offerta io, siamo andati a scolarla a Hihifo,
dietro l’ospedale, sulla spiaggia, e quando pure quella è finita,
in due sono andati a prendere un’altra quindicina di bottiglie (le ultime
:-) del negozio). Oltre alla birra abbiamo finito pure il ruhm, quindi
mi hanno portato a casa. Un’ottima sbronza allegra per iniziare l’anno
nuovo. Per cena solo un po’ di bredfruit (e’ molto “assorbente” :-)). A
cena c’era una ragazza tedesca (che però vive a Sidney), era piuttosto
stranita: la sera prima l’ho mollata li’ da sola, a meta’ serata, per andare
in chiesa dai Wesleyani, in giornata non l’ho vista, in cambio sono arrivato
a cena piuttosto fatto :-), magari servirà a farla ricredere circa
lo stereotipo degli italiani mangiaspaghetti e sempre affamati di donne
:-), misteri del Tropico del Capricorno.
BUON
ANNO A TUTTI
Nota dell’autore:
Quanto sopra narrato è l’esperienza personale del mio soggiorno in Pangai (Ha’apai Group, Kingdom of Tonga). I fatti descritti non sono immaginari, ma sono come effettivamente io li ho vissuti, nel periodo dal 15 al 31 Dicembre 1997. I nomi delle persone sono reali, anche se in qualche caso sono stati volutamente omessi.
Walter Mascarin
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