Scoprire Genova - Appartamento in Affitto

Il diario di Walter

parte 4


 
 

27 Agosto 97

È arrivata qui una coppia di danesi, proveniente dalle Vava’u, li’ stavano all’Hill Top, e ne ho approfittato per chiedere notizie di Djeppe e Tobias, i due fratelli Rambo.. ne avevano sentito parlare, ma non hanno saputo dirmi granché: unica cosa certa è che sono rientrati a Neiafu e sono quindi ripartiti per Nuku’alofa e tornati in patria. Nessuna notizia né della casa che volevano costruirsi, né del progettato trimarano, per cui ne deduco che non siano riusciti a costruirlo, o, se l’hanno fatto, non se la siano sentita di rientrare a Neiafu con quello. Dopotutto si tratta pur sempre quindici miglia di navigazione e, anche se in un braccio di mare in parte coperto ad est dal reef, è comunque pieno oceano, senza bussola, senza carte ne alcun altro strumento nautico, con nessuna esperienza di vela, da fare su quello che dopotutto è solo un tronco scavato con 2 bilancieri è impresa in cui si può facilmente rimetterci la pelle.

Talo è rientrato oggi dall’ospedale, si trattava di polmonite, e, appena finita la parte "pesante" delle cure l’hanno dimesso (con la prescrizione di riposo assoluto a letto per qualche giorno, oltre a proseguire nella terapia), questo perché innanzitutto all’ospedale ti curano per qualcosa, ma è facile beccarsi di rimbalzo qualcos’altro, e poi perché qui, l’ospedale ti fornisce solo il letto e le cure mediche, per la parte "alberghiera" (in pratica tutto, a partire dalle lenzuola e coperte a finire con i pasti) te lo deve procurare la famiglia, anzi, è prassi comune che quando si porta il cibo ai congiunti ricoverati si porti pure da mangiare per il personale di turno. Quelli che vanno a fare visita agli ammalati (amici, parenti o chichessia), mica portano fiori, o come da noi la scatola di biscottini o le arance: no, qui ognuno porta una bella pentola (diversi kg) piena di cibarie, e dopo qualche ora, o il giorno dopo, passa a ritirare la pentola vuota, e magari ne porta un’altra piena..

Alcuni degenti, in questo modo, a volte hanno tanto cibo da non sapere cosa farsene, altri, specie quelli provenienti dalle altre isole, se non hanno nessuno della famiglia estesa qui che si prenda cura di loro, magari salterebbero i pasti, per cui, quando capita, il surplus di cibo viene regolarmente diviso.

Oltre a ciò, ciascuna famiglia estesa, provvede regolarmente a fornire una certa quantità di cibo pronto all’ospedale o ad altre comunità: qui, al Niu Akalo, sono "quotati" (attraverso la chiesa) per una ventina di pasti ogni venerdì, e, anche se non è che preparino bistecche o aragosta, si tratta comunque di una bella fetta di cibarie e di parecchio lavoro, tant’è che al venerdì nel primo pomeriggio, arrivano qui un paio di ragazzotti (nipoti, o magari figli di una biscugina o chissà che altro grado di parentela), non sempre gli stessi, girano per la piantagione con la carriola, raccolgono le noci di cocco cadute in settimana e le stoccano in un gabbione, poi una cinquantina di noci viene aperta, gratuggiata e ne viene estratto il latte che consegnano in cucina, quindi ripuliscono tutto e se ne vanno. Se il mucchio delle noci stoccate tende a crescere, l’eccedenza viene distribuita a chi, della famiglia, ne ha bisogno.

Nel pomeriggio mi sono incazzato quando ho visto Talo girare qui attorno e l’ho cacciato malamente a letto, ma non è che sia servito a molto: dopo mezz’ora era di nuovo in giro.

 

29 Agosto 97

 

In mattinata ho preparato i bagagli: uno leggero che mi porterò nel viaggio e due che resteranno qui in deposito, ho svuotato del tutto la casa, pagato il conto e consegnate le chiavi, poi Puluno mi ha accompagnato in città, base la stazione di polizia, li stavano facendo gli ultimi preparativi. La partenza era prevista per mezzogiorno (tongan time), cosicchè all’una e qualcosa, tutto considerato un buon orario, abbiamo lasciato il porto. La motovedetta è sui 15/17 metri di lunghezza, stazzera’ attorno alle 50/60 tons, è equipaggiata con 2 diesel, credo che possa fare, se necessario, i 20, forse 25 nodi, pero’ per motivi di spesa viaggiamo lenti: velocità di crociera sui 10 nodi. L’equipaggio e composto da Black (comandante e pilota), più 4 uomini: David (motorista), Hini, Molokai e Conni, tutti e 5 poliziotti. La spedizione è ufficilmente comandata da Sailosi, ispettore, nonché capo della polizia delle Ha’apai, Asa e David (detectives), Pilla (generico), Mavai (traffico).

Ci sono poi i passeggeri: il Magistrato (nonché Governatore f.f. delle Ha’apai), una donna sui 25 anni (cancelliere), Paula (figlio del Governatore, vive negli USA ma era qui in vacanza, cosi’ è venuto pure lui), Maka (funzionario del Land Ministery), ed infine io (ospite di Sailosi).

Ogni anno, in questo periodo viene fatto un viaggio simile, gli scopi sono molteplici. Per la polizia Indagare sui crimini segnalati, verificare e riportare eventuali situazioni anomale, rilasciare patenti di guida ed effettuare le revisioni annuali dei veicoli, controllo delle armi da fuoco e chissà cos’altro. Per il Magistrato ed il cancelliere celebrare i processi. Per Maka risquotere la tassa governativa annuale di affitto delle piantagioni (80 cents per ogni appezzamento di 3.3 ettari). Per Paula e per me semplicemente fare il viaggio, visitare le isole e godercela.

Tutto il tour durerà 2 settimane, la prima con base a Nomuka ove c’è una sottostazione di polizia con 2 poliziotti, la seconda settimana con base a Ha’afeva. Giornalmente, poi, si ripartirà dalla base e, tempo permettendo, si visiteranno una o più isole, poi si rientra alla base il tardo pomeriggio. Partiamo senza viveri, perché saremo riforniti, per le nostre necessità, dai locali.

Oltre a tutto ciò, abbiamo anche la stiva piena delle cose più disparate, pacchi, una quindicina di tronchi di kapè (una pianta commestibile di cui si vuole introdurre la coltivazione pilota in un’isola, olio per motori, parti di ricambio ed altro, ma di tutto ciò noi saremo soltanto i trasportatori, perché qui si approfitta di ogni mezzo a disposizione e di ogni occasione. Portiamo anche della posta, ed al nostro ritorno, molto probabilmente, porteremo con noi anche posta in partenza.

Il mare è buono, onde sul metro, sole, vento sui 15 nodi al traverso, la bandiera (qui e su un pennoncino in prua) sventola tesa, sembra inchiodata. Appena fuori Pangai incrociamo un grosso branco di pesci volanti, poi più niente da segnalare finchè, verso le 3, qualcuno segnala balene in vista, si tratta di un piccolo branco, 5 o 6 in tutto, 2 grosse e le altre piccole, sono a circa 500 metri da noi ma non si vedono, si distingue solo il soffio quando emergono per respirare, nuotano lente e ben presto le perdiamo di vista.

Arriviamo a Nomuka verso le 4, in tutte le isole che visiteremo, la procedura di sbarco ed imbarco sarà sempre la stessa: la vedetta arriva, getta l’ancora, poi da terra viene mandata un’imbarcazione leggera con fuoribordo, o delle canoe che ci traghetteranno oltre il reef fin dove possibile, poi, gli ultimi metri, a guado.

Qui a Nomuka avremo a disposizione, per quanto ci necessita, un prigioniero (qui vengono chiamati slaves): si tratta di persone processate e condannate per qualche reato, non ci sono prigioni, il periodo di pena dev’essere scontato ai lavori forzati, solitamente nelle piantagioni governative, non ci sono guardie ma soltanto un "direttore" che lavora pure lui nelle stesse piantagioni, i forzati, quando necessita, vengono usati anche in lavori utili alla comunità. Questo sarà a nostra disposizione al mattino fino alla partenza, poi andrà per il suo lavoro diurno a Numuka Iki, l’isola prigione dall’altra parte del canale, circa 800 metri di mare, al pomeriggio rientrerà a Numuka e sarà a nostra disposizione come caronte per lo sbarco e quindi come cuoco o quant’altro (per lui è una pacchia, perché la sua famiglia vive qui e quindi per tutta la settimana, anziché dormire nella capanna di frasche, dormirà a casa con la moglie); ha avuto una condanna a 5 anni, ancora uno da scontare, attualmente è l’unico slave della prigione.

Comunque non è pericoloso, perché quelli che si rifiutano di lavorare, o si rivelano pericolosi, vengono subito distratti dalle squadre di lavoro e mandati in campi speciali, li’ hanno delle gabbie di rete metallica, un prigioniero per ogni gabbia, una volta al giorno gli buttano qualcosa da mangiare e una noce di cocco o un mezzo secchio d’acqua da bere, niente tetto, branda, coperte, docce settimanali, cambio vestiario o altro, se piove si bagnano (e forse si lavano), se tira vento o se c’è il sole prendono vento e sole, questo finchè non scendono a più miti consigli. Quando ho obbiettato che è peggio di come si trattano le bestie, mi hanno risposto che si’ è proprio cosi’, ma sono loro che hanno adottato un comportamento da bestie pericolose, e come tali vengono trattati. D’altro canto, qui la pena prevista dalla legge per i crimini non è la "privazione della libertà personale", ma bensì "hard work". Lavorano effettivamente, perché per il loro sostentamento possono usare soltanto una parte di quanto producono, e se lavorano poco mangiano poco, se poi sono in parecchi e qualcuno tira troppo la fiacca, ci pensano gli altri slaves a lasciargli a disposizione meno cibo. Non vengono trattati male, anzi, finita la loro parte di lavoro godono di una certa libertà, questo, ad esempio, dorme nell’isola prigione solo 3 notti a settimana, le altre 4 le passa a casa. Passa la notte a casa anche quando, per un qualsiasi motivo, il "direttore" non può passare la notte pure lui sull’isola prigione. La polizia può, se ne ha la necessità, prelevare in qualsiasi momento uno o più prigionieri per adibirli a qualche lavoro particolare. A Pangai, ad esempio, capita abbastanza spesso che alla sera vengano prelevati 2 o 3 slaves dalla prigione locale ed utilizzati come assistenti nei fai kava, ma non si tratta di un abuso, bensì di un modo come un altro di dare una serata di libertà e di divertimento ogni tanto ai più meritevoli.

Comunque, tornando a Nomuka, si tratta dell’isola ove avevo visto i 2 isolani tentare di trasbordare da una barchetta al ferry un grosso maiale rinchiuso in una pesante gabbia di legno. Conta circa 400 abitanti in un unico villaggio, sei chiese. Per gli imbarchi e gli sbarchi avremo la barca della prigione e lo slave. Per primo è sbarcato un poliziotto che ha preso in spalla il Governatore e l’ha portato all’asciutto, poi via via tutti gli altri sono sbarcati a guado. Sono alloggiato con i poliziotti alla stazione di polizia, il poliziotto che normalmente ci vive con la moglie ed i figli si è temporaneamente trasferito a casa sua, pero’ hanno ripulito ben bene tutto, lavato pavimenti, pareti e finestre, ci sono 2 stanze da letto, una sala comune grande, un ufficietto con vetrata sul davanti ed una cucina sul retro, Ci sono pure un bagno (pero’ non c’è acqua, si usa un catinone che si riempie d’acqua alla raintank con un secchio) ed un gabinetto (in disuso, per le necessità si usa quello esterno, molto, molto ruspante, in un gabbiotto di lamiera ondulata). C’è poi un secondo fabbricato, un piccolo capannone. Tutti gli altri della spedizione hanno altre loro sistemazioni. Sulle isole non c’è elettricità: alla sera, nelle case, lampade a cherosene, nelle strade torcia elettrica. Questo diario è su carta, lo trascriverò al rientro.

Sailosi ed io dormiremo in una delle due camere (c’è un letto, Sailosi ha detto che lui non è abituato al letto e preferisce la sua stuoia personale, cosi’ il letto e mio, ci ho messo il sacco a pelo che ha suscitato parecchio stupore per la sua semplicità, leggerezza e comodità, non ne avevano mai visti prima. Altri 3 dormiranno nell’altra stanza e qualcuno nella sala comune, i marinai non di turno alla vedetta dormiranno nel capannone ove ciascuno ha steso la propria stuoia e le proprie coperte.

La cena, semplice ma veramente ottima, ci è stata preparata dalle mogli dei 2 poliziotti locali. Si mangia per terra, ossia, viene stesa terra un stuoia sulla quale si posano i piatti colmi di cibo, i commensali si siedono attorno a gambe incrociate e ciascuno prende (con le mani) da questo o da quel piatto comune ciò che gli va’, poi mangia, quindi altro rifornimento ed altra manducatoria finchè o si è sazi (io), oppure il cibo finisce (i tongani).

Dopo cena siamo andati ad un fai kava, in un club, ero con Sailosi, per cui giocoforza unirci al gruppo del Governatore, con i notabili del posto (il capovillaggio e 3 o 4 ministri delle varie sette religiose), poiché alcuni non parlano inglese, il Governatore si è gentilmente prestato fare da interprete alle loro domande ed alle mie risposte. Erano molto interessati alla mia ta’ovala, quella che ho comprato a Koulo, mi hanno chiesto dove l’avessi presa, mi hanno detto che è molto bella e preziosa, gli ho detto dove l’ho presa e che l’ho pagata T$30, la più a buon prezzo che fossi riuscito a trovare ma non mi sembravano convinti. Erano anche interessati al perché fossi venuto alle Ha’apai, e poi in giro per le isole, sembra che gente come me non capiti spesso da queste parti. Il Governatore che durante il viaggio era parso immusonito, in serata si è sciolto, è stato molto gentile, sembrava veramente interessato a quanto avevo da dire, non le solite domande di prammatica, visto che è anche Governatore ho deciso che è meglio coltivarlo.

C’era pure una ragazza a servire la kava, carina anche se già un po’ in carne, tra due o tre anni sarà grassa, peccato :-(, Sailosi mi ha detto che la ragazza che svolge quella funzione viene chiamata Tou’a, mi ha dato 2 pacchetti di gomme, spiegato come è convenzione salutare ed offrire le gomme o le caramelle alla ragazza che, povera crista, almeno le cicche se le merita: deve starsene li’ tutta la sera a guardare gente che beve kava e sentire i loro discorsi di cui non gliene frega nulla, comunque la ragazza non spiccicava una parola di inglese, ed anche se Sailosi mi ha detto che ogni tanto dovevo rivolgerle la parola, non ne ho fatto nulla, mica potevo continuare a dirle l’equivalente di "Salve, come va?" (il 40% del mio tongno :-))

C’erano 2 gruppi di cantanti, uno buono, all’altezza del trio di Holopeka, nell’altro invece solo miagolii. Comunque serata a momenti interessante ed a volte noiosetta, nel complesso, comunque non male, a parte il dolore alle ginocchia per essere stato troppo seduto a gambe incrociate, dovrò esercitarmi e farci l’abitudine. Anche qui, a meta’ serata, uno dei preti si è alzato ed ha improvvisato una preghiera, si capisce subito che non è un discorso perché intanto tutti se ne stanno li’ a testa china, poi, nelle brevi pause tra una frase e l’altra diversi rispondono "io" (=si), oppure "malo’" (=grazie), è un po’ strano come mescolino il sacro ed il profano in ogni occasione. Tra l’altro ho scoperto che anche Sailosi è parecchio religioso: sempre, prima di mangiare, una preghiera, a volte la recita lui, a volte qualcun altro, una volta l’ha fatta recitare a me (in italiano) :-).

 

30 Agosto 97

 

Primo giorno di missione, stamattina, poco dopo le 7, è arrivato un pescatore: aveva con se una dozzina di pesci infilati per le branchie su un rametto lungo e sottile, non è nemmeno sbarcato: ha chiamato ed ha lanciato i pesci sulla spiaggia, poi se n’è andato, erano la nostra colazione. Asa (il nostro esperto di cucina) ha deciso come prepararli, qualcuno li ha sfilettati e tagliato i filetti a dadini, qualcun altro ha grattugiato un paio di noci di cocco e fatto il latte, Molokai e andato per cipolle selvatiche. Dopo meno di 10 minuti la colazione: pesce crudo e cipolla marinati nel latte di cocco, al posto del pane manioca avanzata ieri sera, una delizia!

Partiti circa alle 8, il Governatore e rimasto a Nomuka, prima tappa a Fonoi. È un villaggio bellissimo, circa 300 abitanti, dal mare non lo si vede perché subito dopo la spiaggia c’è una cortina di alberi frangivento che lo nascondono, comunque tutto il paese è su una unica linea di casette distanziate 20 0 30 metri una dall’altra, ciascuna col suo prato o il giardino, subito dopo la linea delle case, all’interno, la strada che corre anche lei parallela alla spiaggia lungo tutto il villaggio, dopo la strada iniziano le piantagioni che proseguono fino all’altra costa dell’isola. Si sbarca ad un capo del villaggio e si percorre tutta la strada, sembra di camminare in un tunnel di verde, fiori di tutti i colori ovunque, nei prati accanto alle case ci sono delle strutture di legno cui appendono il pesce o i polpi ad essicare al sole. È uno dei due villaggi che, alle varie competizioni annuali, vincono sempre il premio come miglior villaggio dell’anno. Sono essenzialmente pescatori, la produzione principale è pesce secco e polpo secco che vendono a Nuku’alofa. Con Sailosi sono andato a casa di un suo cugino che vive qui, ci hanno accolti col the, tonno salato essiccato e manioca abbrustolita, poi caffè tongano (foglie d’arancio selvatico per qualche minuto nell’acqua bollente e una generosa razione di zucchero).

Paula che era interessato ad acquistare un po’ di polpo secco, quando siamo arrivati ha dato 30$ ad uno che si è preoccupato a far spargere la voce, raccogliere i polpi e dividere il denaro. Al ritorno al punto d’imbarco c’era un cesto di polpi secchi, circa 20 kg ad attenderlo. Alla squadra hanno offerto un cesto di pesce essiccato ed uno di manioca. Alla cancelliera hanno offerto una decina di rotoli di foglie da stuoia, già essiccate, sbiancate e lavate, pronte per essere usate.

Imbarcati di nuovo, mezz’ora di navigazione ed arrivati a Mango. Sbarcati uno alla volta con una canoa a bilanciare portata da un ragazzo, L’acqua profonda arriva fino a una decina di metri dalla spiaggia: nel punto di sbarco non c’è reef, dal ponte della vedetta e dalla barca si vedono in acqua branchi di grossi pesci, sopra la cabina di una barchetta ormeggiata li accanto un ragazzo stava pescando con la lenza, aveva già parecchio pesce nel cesto (quando parlo di cesto, intendo uno dei cesti fatti con una palma di cocco, sono lunghi circa 1 metro, larghi 50 o 60 centimetri e profondi 40 cm circa, quando ne serve uno, se non ce ne sono in giro, se lo costruiscono in 5 minuti, e quando non gli serve più lo lasciano li’, servirà forse a qualcun altro). Il villaggio è poverissimo e minuscolo, 12 case ed 1 chiesa, 8 o 9 famiglie, 70 persone in tutto. Anche qui, come a Fonoi, il telefono è guasto da un sacco di tempo (Sailosi ha preso nota). Appena sbarcati, poiché era quasi mezzogiorno, ci hanno invitati in una delle case e ci hanno offerto da mangiare: pesce bollito e manioca. Riposo all’ombra fino alle 2, poi ci siamo imbarcati, ci hanno riforniti con del pesce fresco ed una testuggine, servirà per cena.

Sailosi che non si fidava troppo della canoa ha preso una barchetta a remi, una specie di vasca da bagno triangolare, larga un metro e lunga altrettanto e voleva che andassi con lui, ho preferito la canoa, solo che al momento di salire sulla vedetta, lui, sulla "barca più sicura" si è sbilanciato ed è finito in mare tra le risate generali, già che c’era ne ha approfittato per una nuotatina. Al rientro a Nomuka, con noi è venuto anche il ragazzo che portava la canoa. A cena solo il pesce, la testuggine al Governatore :-(, Stiamo poco bene in 3 o 4, influenza credo, a me l’ha attaccata Talo, o forse qualcun altro, Comunque Sailosi è andato all’ospedale che è a 20 metri da noi, li’ c’è solo un’infermiera che gli ha dato una cappellata di pastiglie: 2 a testa ogni 6 ore a ciascuno dei malati per 3 giorni. Dopo cena qualcuno dei ragazzi è uscito per il fai kava, ma in diversi abbiamo preferito andare a dormire, per via dell’influenza.

 

31 Agosto 97

 

Tutti tirati lucido per il servizio religioso. Prima del servizio alla Wesleyan Church, il Governatore, Sailosi Maka ed io siamo invitati ad un fai kava, pero’ un po’ cerimoniale, nella hall a fianco della chiesa, molto simpatica. Mi hanno messo a fianco del Governatore, in uno dei posti degli ospiti d’onore, giusto di fronte all boule, serviva uno dei fedeli più prestigiosi. Poi è seguita la funzione religiosa, condotta dal Governatore (che è metodista wesleyano), comunque a tutti quelli del nostro gruppo (tranne a me, ovviamente, che non parlo tongano) è stato chiesto di fare qualcosa: Sailosi e Maka hanno letto alcuni brani della bibbia (Sailosi che è un Tongan Church, prima di accettare ha chiesto l’ok al locale ministro della sua confessione, e quello gli ha detto che certamente si che poteva farlo, non c’era nulla di male), Paula e la cancelliera hanno letto i versi di un salmo: si legge una strofa a voce alta, e immediatamente i fedeli in coro la cantano in coro, poi un’altra strofa letta ad alta voce dal singolo e poi cantata dal coro, e cosi’ via finchè il salmo finisce. Ogni tanto una preghiera declamata da qualcuno e nelle pause tutti che dicono Io o Malo’ o Honi. Comunque qui il coro dei fedeli è ben orgnizzato, a due voci, cantano veramente bene, non come a Pangai che si fanno accompagnare dalla banda di ottoni del collegio. In chiesa si sta’ scalzi, si lasciano sandali e ciabatte fuori della porta.

Dopo il servizio religioso altro fai kava, stavolta più informale, in attesa che venga l’ora di pranzo. Stavolta tutti mi hanno tartassato di domande, un po’ su tutto, ed erano veramente interessati, Sailosi ed il Governatore se la godevano un mondo: era loro il merito di avermici portato. Ho un po’ stupito il prete wesleyano, perché quando mi ha chiesto di che culto fossi, gli ho detto che ero cattolico, ma che non mi importava molto del nome della chiesa quando vado pregare, anzi, addirittura che se voglio pregare posso farlo anche senza andare in chiesa. Lui ha detto che non tutti i cattolici la pensano come me, a cui ho risposto che sono problemi loro, tutt’al più possono dire che sono un eretico, ma che ciò che sono e ciò che faccio riguardano solo me e Dio, e non gli altri fedeli, ha approvato e credo mi consideri un protestante, pero’ cane sciolto.

A pranzo un sacco di roba, peccato che sia fredda, cotta ieri nell’umu e conservata per la domenica (non si lavora), pero’ cosi’ freddi i cibi perdono parecchio del loro sapore. Il pomeriggio sono andato a vedere i 2 laghi: qui ci sono 2 laghi, uno di acqua dolce, quando piove si alza di livello, e se piove molto tracima e finisce in mare, se c’è siccità pian piano si prosciuga, lungo i bordi ci sguazzano i maiali; l’altro è di acqua salata, molto più vasto, nel lago ci sono pure 2 isolotti. Sono andato anche un poco verso l’altro lato dell’isola, ma è troppo grande, cosi’ me ne sono tornato indietro.

Al rientro Asa stava male, credo indigestione e freddo allo stomaco, l’ho mandato di forza, e poi accompagnato all’ospedale, credo abbia mentito spudoratamente perché la nurse gli ha dato un busta di bismuto, lui ha preso la dose prescritta ma i dolori sono aumentati. Poi è arrivato l’erborista stregone, gli ha preparato un succo di foglie e glielo ha fatto bere, l’ha poi massaggiato per quasi un’ora senza nessun giovamento. Non c’era nessun altro alla stazione, tutti fuori ai fai kava. Ad un certo punto ho creduto che potesse addirittura trattarsi di appendicite, per un cosa del genere, qui si muore, comunque l’ho fatto vomitare, doveva avere almeno 5 kg di roba nello stomaco, poi un mezzolitro d’acqua e dopo 5 minuti vomitare anche quella: svuotare e lavare la pentola. Poi gli ho dato il mio sacco a pelo (lui non ha coperte con se, dorme vestito) I dolori sono pian piano diminuiti e lui si è assopito, ho preparato il the, e dopo un’oretta si è svegliato, più nessun dolore, ha detto che aveva fame e che voleva mangiare, gli ho dato 2 tazze di the con almeno 200 gr di zucchero, e l’ho rimandato a dormire, prescrizione: domani tutto il giorno niente cibi solidi, solo the zuccherato, sembra disperato solo l’idea :-).

 

1 Settembre 97

 

Da questa base i giri sono finiti, basta navigare. Il poliziotto pescatore è andato presto pescare al Fiji Reef, tornerà verso le 4 del pomeriggio. C’è un storia che spiega il nome del Fiji Reef: in un’isola qua attorno, era emigrato un gruppo di gente delle Fiji, pero’ i locali non si fidavano troppo di loro, anche se, erano solo brava gente. All’epoca usavano ancora le grandi canoe a due scafi, due alberi e vele, quelle grosse potevano portare anche 200 o 300 persone. Con una di queste, anche se non cosi’ grossa, la gente di quell’isola andò a pescare, e naturalmente, assieme ai tongani c’erano anche alcuni fijiani. La pesca andò talmente bene che la barca risulto’ sovraccarica, per cui, non volendo ributtare a mare una parte del pescato, il capobarca decise di sbarcare su un reef la gran parte della gente, di portare a casa il pesce e di tornare poi a riprendersi i suoi. All’epoca usavano aiutarsi, per manovrare, con delle lunghe pertiche, cosi’ lasciarono li’, oltre alla gente, anche gran parte delle pertiche che tanto nessuno a bordo avrebbe usato, tutto peso in meno, quindi la barca se ne andò. Dopo un poco, pero’, cominciò a salire la marea, per cui la gente sul reef trovo delle buche tra gli scogli e vi incastro le pertiche e ci si arrampicarono su, ma dato che non si fidavano dei Fijiani che erano con loro, fecero salire quelli per primi. Quando torno’ la barca trovarono soltanto 6 pertiche, le più lunghe, con arrampicato in cima a ciascuna, poco sopra il livello dell’acqua, un fijiano. Sotto, nell’acqua ora alta sopra il reef, nuotavano gli squali.

Nel primo pomeriggio, visto che davanti a Nomuka Iki c’è da sabato uno yacht ancorato, e che nessuno è ancora venuto a farsi registrare, e poiché sul reef di quell’isola c’è un relitto che volevo visitare, in 5 o 6 abbiamo preso la barca guidata dallo slave ed abbiamo attraversato il canale. i due David, col registro degli yachts, si sono qualificati e sono saliti sullo sloop neozelandese, noi abbiamo continuato fino all’isola prigione. È un bella isola, molto ben tenuta e ben curata, fa parte, con Numuka, delle proprietà del Crown Prince (Principe Ereditario), ma non è divisa in lotti da assegnare. Prima cosa siamo andati a cercare un paio di papaie mature per lo spuntino di prammatica, poi lo slave si e messo l lavoro ad estrarre un paio di cesti di copra, io e Conni siamo andati a vedere il relitto.

La storia di quel relitto ce l’ha poi raccontata Black, che all’epoca era c’era imbarcato come marinaio. Si tratta di un vecchio peschereccio giapponese, scafo in vetroresina, sui 30 mt, a suo tempo il governo tongano l’aveva acquistato usato e riadattato come imbarcazione per la polizia delle Ha’apai. Durante una tempesta fu sbattuto sul reef, lo scafo si fracasso’ in più punti e la nave affondo, ossia, si adagio’ col suo fianco sventrato sul reef e li’ rimase. Nell’incidente morirono 2 persone, gli altri cercarono di raggiungere terra, e ci riuscirono anche, quasi tutti, perché altri 2 ci rimisero la pelle nel tentativo. Alla fine della tempesta furono recuperati da quelli di Nomuka, ma erano tutti in pessime condizioni, perché nello sbarcare erano stati trascinati più volte dalle onde sul reef ed erano pieni di ferite da corallo, infette. Black, uno dei primi a guarire, ci impiego’ 3 mesi, ma qualcuno andò’ avanti oltre 6 mesi, e le ferite da corallo, quando infette (ma si infettano tutte, è il veleno del corallo che causa l’infezione) sono molto dolorose, lo so perché l’ho provato di persona.

Alle Vava’u la polizia era senza barca, cosi’ furono messe in cantiere 2 motovedette gemelle: una per le Vava’u ed una per le Ha’apai. Il comandante della barca affondata fu trasferito in un ufficio a Nuku’alofa, e li’ ci sta’ tutt’ora, Black aveva già conseguito il brevetto, per cui, quando le due nuove unità furono consegnate (lui era già guarito) affidarono a lui il comando di quella che stiamo usando noi.

Comunque il relitto è proprio un relitto, la vetroresina dello scafo in più punti e completamente marcia, ed il resto è già stato saccheggiato di tutto quanto poteva ancora servire. Unica cosa di utile che abbiamo recuperato è stata una grossa cima da ormeggio, in ottime condizioni, circa un centinaio di metri.

Al ritorno abbiamo trovato i 2 David e la coppia di neozelandesi dello yacht, lui, Mark, sui 50 anni, lei Ann, sui 25, con loro abbiamo attraversato l’isola per vedere la costa di sudovest, bellissima spiaggia, che pero’ ad un certo punto termina e comincia una parete rocciosa a picco, alla base della parete, un paio di metri sopra l’acqua si allarga un camminamento di roccia, largo circa 3 metri, piatto e senza buche o rocce, perfettamente orizzontale, come se fosse una strada, continua fino alla fine dell’isola e prosegue, dopo il promontorio, fino a circa 1/3 dell’altra costa, ho lasciato i neozelandesi e mi ci sono instradato per un po’ poi sono tornato indietro fino al nostro approdo..

Mentre noi ispezionavamo il relitto, e poi mentre ero in esplorazione, 2 ragazzi che erano venuti sull’isola con noi erano andati a pescare con la rete da lancio, e ci siamo reincontrati tutti quanti alla baracca del direttore della prigione (che non c’era), lo slave ha fornito la pentola ed un mezzo casco di banane verdi, i ragazzi ci hanno messo il pesce ed abbiamo cotto lo spuntino, ce lo stavamo mangiando quando sono arrivati Mark ed Ann. David ha offerto pesce e banane anche a loro, ma quando hanno visto che i tongani stavano mangiando il pesce a brani, hanno cortesemente rifiutato.. poi hanno visto me che mangiavo allo stesso modo, hanno fatto una faccia disgustata, e dopo qualche minuto se ne sono andati. Li ridevano tutti quanti: il pesce era una squisitezza, le banane molto dolci, e credo proprio che sia meglio mangiare il pesce con le mani piuttosto che restare affamati solo perché non si dispone, al momento, di forchetta e coltello, pero’ meglio cosi’: meno gente c’è a spartire, più grandi sono le porzioni. Qui, se capiti mentre qualcuno sta’ mangiando, ti viene SEMPRE offerto del cibo, ma se rifiuti mica insistono, se invece accetti continuano dartene finchè ne vuoi, o fin che ce n’è.

Dopo lo spuntino siamo rientrati a Nomuka lasciando li’ lo slave. Per cena c’era un pescione enorme e del pesce crudo marinato nel cocco, per cambiare, yam anziché manioca.

Dopo cena io e Sailosi eravamo invitati, dal Governatore, ad un’altro fai kava, in un altro club. Stessa ragazza dell’altra volta, peccato che non parli proprio nulla di inglese, comunque l’ho salutata in tongano, le ho dato un paio di cicche, qualche sorriso e condita via cosi’. Stasera, sanno che alle volte ho problemi di schiena, i posti del gruppo erano invertiti: il Governatore da un lato, poi la Tou’a e poi io dall’altro, tutti e 3 con la schiena al muro, di fronte i due assistenti l centro ed al loro fianco le due ali a semicerchio con tutti gli altri. Nel nostro gruppo, stasera, c’era gente di tutti i tipi, non solo i notabili, come l’altra volta, anche stasera sono stato una delle attrazioni, mentre il Governatore traduceva.

È strano, mi hanno visto la prima volta 2 giorni fa, ma vogliono sapere di tutto, e questo è comprensibile, perché qui di notizie dal mondo, o gliele portano quelli come me, oppure non ne arrivano proprio; sono anche molto interessati a te come persona, alla tua famiglia, a come si vive in altri paesi, come mai non sei sposato, se ti piacerebbe una moglie tongana, pero sono arrivati a chiedermi cosa pensassi fosse meglio usare per pescare non so bene cosa :-).

Anche qui c’erano i due gruppi di suonatori, ma i miagolatori sono stati ben presto zittiti (li definirei un gruppo d’avanguardia), e gli altri hanno tenuto banco tutta la serata, ben supportati, peraltro, dal coro dei nostri poliziotti. A mezzanotte tutti a nanna. Asa si è ristabilito, ora sta’ bene

 

3 Settembre 97

 

Ieri poco o niente, vento, mare mosso, due notizie apprese alla radio:

morta in incidente automobilistico, assieme al suo ganzo del momento, lady D. Qui per loro è un colpo, sentono veramente il legame tra le 2 case reali. Certo che lei, quei miliarducci recuperati dal divorzio non se li è mica potuti godere, peccato. Altra notizia appresa ieri dalla radio nelle news in tongano: sabato scorso al Niu Akalo è morto Sione, il fratello maggiore di Seletute, quello che povero cristo se ne stava sempre a letto e gemeva di continuo. Mi aspettavo che morisse, pero’ lo stesso fa un certo effetto, oggi ci sono stati i funerali. Oramai e tardi per farle le condoglianze al telefono, meglio aspettare il rientro e fargliele a voce, ci penseromolo al momento giusto.

Sailosi mi ha raccontato una storia su Numuka Iki, l’isola prigione. Accadde 5 o 6 anni fa, c’erano parecchi yachts che stavano in rada in quelle acque, cosa usuale, certo, ma il traffico era molto più intenso del solito. Poi arrivarono delle voci, Sailosi imbarco’ tutti gli uomini che aveva a disposizione, l’esercito gli assegno’ un contingente di 200 uomini e la marina militare le 3 cacciatorpediniere che qui costituiscono tutta la flotta, più tutti i mezzi da sbarco disponibili, circondarono e misero in quarantena l’isola, poi la rastrellarono, e dire palmo a palmo è quanto fecero letteralmente. Estirparono un paio di piccole piantagioni di marijuana, setacciarono e sradicarono ovunque, anche nel bosco profondo, ogni e qualsiasi piantina, tutta l’operazione dev’essergli costata un’occhio della testa.

Il nostro viaggio sulle isole avrebbe dovuto durare 3 settimane, la terza nel distretto di Tofua, ma quest’anno è saltata, perché non ci sono fondi a sufficienza per il carburante della motovedetta. Chiunque può fare il confronto tra il costo del carburante di una vedetta e il costo di una spedizione da Nuku’alofa di 200 soldati, 3 navi militari e i relativi mezzi da sbarco ed il mantenimento per la quindicina di gg che è durata l’operazione (non si può pretendere che le popolazioni locali li riforniscano, non una simile massa di persone, ne usare i cibi freschi a basso costo si possono avere stando a Nuku’alofa, occorrono cibi a lunga conservazione, ossia importati) ed avrete un’idea dello sforzo fatto da questa minuscola nazione di meno di 100.000 abitanti per estirpare quel bubbone.

I responsabili non furono identificati. Il poliziotto di Nomuka che (sembra con qualche piccola mancia) aveva dapprima chiuso un occhio, e forse anche l’altro, e poi spaventato per il grosso traffico che oramai gli era sfuggito di mano aveva dato i primi cenni d’allarme, fu rimosso e congedato. Per un paio d’anni, la visita annuale a Nomuka fu di un paio di settimane, con la squadra al completo, per reispezionare ed estirpare quanto eventualmente rimasto o ricresciuto.

Ieri sera, con Sailosi, altro fai kava: solo il Governatore, uno che era il magistrato prima di lui e che è stato insegnate di legge di Sailosi alla scuola di polizia, lui ed io, solo in 4. Sailosi serviva la kava, i 2 magistrati sono andati avanti tutta la sera a chiacchierare per conto loro, per me un noia mortale, se avessi potuto, avrei cambaito molto volentieri gruppo, ma non si poteva proprio.

Oggi Asa ha incominciato a darmi lezioni di tongano e mi ha invitato, per il venerdì in cui torneremo a Pangai, al fai kava a Holopeka. Qualcuno ha portato delle costicine di maiale ed almeno quelle non le hanno lessate, ma arrostite, con le costicine anche del kape (un altro vegetale, ma anziché i tuberi, nel kapè la parte commestibile è il tronco) arrostito pure lui, un bontà. Ora che ci penso, mi mancava un po’ di carne arrostita.

Stasera, qui alla stazione, abbiamo tenuto un fai kava, qualcuno ha chiamato anche i cantanti, abbiamo finito alle 3, molto ben riuscito.

 

4 Settembre 97

 

Oggi ci sono stati i processi, 23 per la precisione, uno assolto e 22 condannati, 18 erano per ubriachezza (T$20 di multa), uno per aggressione e percosse (un ragazzotto che mezzo ubriaco voleva portarsi letto una ragazza che mica ci stava molto.. (T$20 per ubriachezza e T$200 alla ragazza come indennizzo), gli altri non so per che cosa, comunque anche loro se la sono cavata con un multa. Le cifre stabilite dal Magistrato vanno pagate entro 24 ore, se allo scadere qualcuno non ha pagato, la multa viene trasformata automaticamente in un certo periodo di lavori forzati, e domani, partendo, ce lo portiamo con noi; per i 20$ ti fai 3 settimane, per i 200 sono 4 mesi, c’è una tabella di conversione.

Oggi Sailosi voleva organizzare, per stasera alla stazione un altro party, ma non è riuscito a trovare ne i cantanti ne una ragazza, cosi’ siamo andati ad un fai kava privato, ove ho scoperto che sono solo un emerito stupido imbecille ed ignorante. Sse me la sentiro’, ne parlero’ più avanti, magari quando saremo tornati a Pangai.

 

5 Settembre 97

 

Partenza molto triste, oggi sono stato tutto il giorno molto giù di corda, gli altri mi hanno guardato male, Mavai, sulla spiaggia, mentre aspettavamo il caronte ha detto che lui, al mio posto, sarebbe rimasto, forse ha ragione lui, comunque sono ripartito anch’io, comunque, Conni, dopo un po’ ha detto pure lui la sua a tutti, sembrava in mia difesa, pero’ ora, anche se non mi guardano più storto, sembrano tutti quanti un po’ giù.

In mare, 3 ore di navigazione e siamo arrivati a Ha’afeva, la vedetta andava piano ed un po a zigzag perché marciavamo con un motore solo, noie per l’altro alla pompa dell’olio, Nomuka c’erano già i ricambi ad aspettarci, faranno la riparazione domattina, non ci vorranno più di 15 minuti.

A prima vista il villaggio non sembra un granché, siamo alloggiati in un falè temporaneamente vuoto, stavolta dormirò per terra pure io, ho già steso il sacco a pelo, e per me nemmeno la stuoia, ma non morirò certo per questo.

Nel pomeriggio sono andato in giro con Sailosi, lui è nato qui, mi ha fatto vedere il luogo, anche se la casa originale (un fale con pareti e tetto di foglie di cocco) non esiste più. Abbiamo fatto visita ad un suo related di qualche tipo e ci hanno donato un cesto di manioca, stasera la cena non è stata un granché.

Dopo cena, l’immancabile fai kava al club, ma c’è stato un grosso problema: l’uso vuole che nel gruppo non ci sia nessun related della Tou’a, solo che oltre mezza isola è related con Sailosi, ed anche un ramo della famiglia del Governatore viene da qui. Inoltre, qui, anche nei clubs, le Tou’a sono tutte e solo ragazze da marito, nessuna pagata per il servizio, per cui semplicemente non ne avevano nessuna che rispondesse alle caratteristiche. Poi una ragazza giovanissima, forse 16 o 17 anni ha deciso ed è stata la sua prima esperienza, pero’ era spaventatissima, non spiaccicava una parola, quando l’ho salutata nel modo rituale non se l’aspettava e non mi ha risposto, per cui il Governatore l’ha gentilmente ripresa e questo l’ha ancor di più messa in agitazione, sbagliava continuamente, Ancor peggio quando le ho offerto le caramelle ed i soliti complimenti: era terrorizzata. Anche gli altri isolani degli altri gruppi erano a disagio per la mia presenza, lo si sentiva nell’aria; qui non era mai successo prima di un palangi che bevesse kava, sono stato io il primo, che poi io fossi nel gruppo delle autorità ancora peggio, nessuno sapeva chi o cosa fossi, avrei anche potuto essere qualche pezzo grosso di Nuku’alofa, forse di qualche altro governo, ed erano spaventati.

Le presentazioni si fanno, in questi casi, proprio nei fai kava, chi ha portato lo sconosciuto lo presenta agli altri, ne dice il nome ed il suo rango, eventuali incarichi e cosi’ via, poi, rotto cosi’ il ghiaccio, gli altri chiedono direttamente altre cose ed apprendono cosi’ direttamente tutto ciò che gli interessa o serve. Ma qui, l’unico che si era unito a noi è stato Feke, prete wesleyano (l’unico che abbia conosciuto in questi 5 mesi che sia laureato in teologia, tutti gli altri si erano autoincaricati per vocazione della funzione di prete), ed il Governatore aspettava che venisse qualcun altro prima di presentarmi, poi, visto che nessuno veniva, mi ha presentato a Feke, almeno cosi’, domani, sarà lui a spargere e sapranno che non mangio i bambini per colazione. Poi il Governatore dev’essersi rotto: ha accampato un crampo e se n’è andato, Sailosi giocava a dama con Feke, la Tou’a addirittura tremava, cosi’ ho cambiato gruppo. Anche se non ero dell’umore giusto, ho fatto anch’io la mia parte di corteggiatore, e, se anche lei non capiva, non ha importanza, conta il come, non il cosa, e per fortuna non sono stato creduto. Poi, a mezzanotte, ce ne siamo andati tutti a dormire.

 

6 Settembre 97

 

Giornata assolutamente calma, niente vento, mare calmo, per cui, rispetto al programma, abbiamo deciso di approfittarne e cambiare obbiettivo: oggi Fotuha’a, una base rocciosa alta oltre 70 mt a picco sul mare, niente reef ne spiaggia, nessun riparo dal mare, ci sono solo 2 punti in cui è accessibile, uno è in un canalone, un fiordo stretto ma lo usano solo i locali, e troppo pericoloso se non lo si conosce, l’altro è solo una roccia, bassa, quasi al livello del mare, si sbarca con la canoa, ho detto mare particolarmente calmo, questo significa, qui, onde di un paio di metri, ed è per questo che qui gli approdi sono rari, comunque il barcaiolo mette la prua in posizione a qualche metro dalle rocce, aspetta l’onda e pagaia in avanti: oramai l’onda ti ha portato sopra la roccia, lui ti da’ il via e tu salti, spingendo, per reazione la canoa all’indietro, anche il barcaiolo pagaia indietro furiosamente, altrimenti, come l’onda si ritira, la barca si fracassa sulle rocce, mentre salti, ci sono due sulla roccia, assicurati con funi per non farsi spazzare via dalle onde, che ti afferrano al volo e ti issano in salvo. Quando ricevi il via, nessun’esitazione, DEVI saltare, il barcaiolo ha bisogno della spinta che dai saltando per tirare fuori dalle rocce la canoa. Poi si sale una scala costruita in cemento che segue l montagna, una piccola arrampicata e si arriva infine sull’altopiano, si attraversa un bosco fiorito, qui ci sono anche parecchi uccelli, si sentono nel bosco, poi si arriva al villaggio, sembra il paradiso. Volevano che sbarcassi per primo, ma ho chiesto che ci andasse prima qualcun altro almeno per vedere come si doveva fare, cosi’ per primo è sbarcato Asa, poi io e poi il Governatore, quindi, uno alla volta tutti gli altri.

Qui la gente è stata meravigliosa: al nostro arrivo ci hanno dato subito dei frutti e noci di cocco da bere, poi ci hanno lasciati soli una mezz’oretta ad asciugarci al sole, sono poi tornati, si erano tutti lavati e cambiati con i loro migliori abiti, in un angolo alcuni avevano già preparato un grande umu ed un’altro paio stavano finendo di preparare un grosso maiale macellato per l’occasione. Prima ci hanno accompagnato in un giro del villaggio. Il maestro di scuola mi ha chiesto se fossi disposto ad andare con lui ed a farmi vedere dai bambini, qui, dei giovani, quasi nessuno ha mai visto un palangi, l’isola non è meta per gli yachts, credo di essere l’unico palangi sbarcato qui in questo secolo, forse il primo in assoluto: i giorni in cui è possibile sbarcare o imbarcarsi in quel modo saranno forse una ventina all’anno, e solo in questa stagione.

Comunque sono andato di buon grado col maestro e lui ha tenuto lezione, ha mostrato le differenze ho, dovuto togliere la t-shirt per trovare qualche lembo di pelle non troppo abbronzata, ha fatto parecchio scalpore il petto villoso, loro non hanno peli sul petto, ed io ne ho anche sulla schiena, parecchi ragazzini erano allibiti.

Poi, mentre il maiale si cuoceva nell’umu, piccolo fai kava all’interno di un fale: da parte nostra il Governatore, Sailosi, io, e, dopo aver finito con gli affitti della terra anche Maka e 4 o 5 dei loro, Tou’a la figlia (già sposata) del capovillaggio. Ogni tanto arrivava qualcuno recando doni: radici di kava intere, ancora da macinare, cesti di cibi, stuoie, fibre per stuoie, 2 cesti di yam, uno di kapè, uno di frutta. Poi, finita la cottura del maiale (erano passate 3 ore), l’hanno messo, assieme ad altra roba cotta nell’umu, su 2 cesti e ce li hanno presentati, il Governatore, a nome di tutti, ha accettato e ringraziato, pensavo che avremmo banchettato, invece abbiamo salutato e ce ne siamo andati, parecchi di loro hanno fatto da portatori per tutto il ben di dio che ci avevano donato, fuori dal falè c’era un mucchio di roba di almeno 2 o 3 metri cubi. Li’ erano 4 anni che non ricevevano la visita annuale: il viaggio, in quel distretto dura una settimana, e, se nei 4 giorni disponibili per le visite alle isole non c’è una giornata adatta allo sbarco la visita salta.

L’imbarco è stato simile allo sbarco, unica differenza è che i due a terra ti mettono in posizione e ti stretto tengono, la cano aspetta, vicina e lontanissima, poi arriva l’onda che ti lava e con quella la barca, loro ti mollano, tu muovi un passo e sei già sulla barca, in mare, al sicuro ad un paio di metri dalle rocce. Per le merci da caricare, per evitare che si bagnino, uno dalle rocce lancia il pacco, e l’altro, sulla canoa lo prende al volo.

Se ne hanno la necessità ed il mare non lo permette, gli isolani per imbarcarsi seguono un’altra procedura: uno rischia ed esce con la barca dal canalone (è l’unico posto in cui si possano tirare in secco le barche, nessuna possibilità di ormeggio o ancoraggio), gli altri, uomini, donne e ragazzi, usano un’altra roccia, aspettano il momento giusto e si tuffano in mare, poi raggiungono a nuoto la barca.

Qui i cibi non si conservano per molto tempo, ed il posto migliore per immagazzinarli è metterli nello stomaco, inoltre eravamo affamati, un cesto del maiale l’abbiamo spazzolato nel ritorno, l’altro cena.

Seconda isola della giornata è stata Kotu, ma siamo rimasti in rada per oltre mezz’ora senza che nessuno venisse a prenderci, forse erano tutti fuori a pescare, oppure nelle piantagioni all’interno, per cui ci torneremo domani, altro breve viaggio e siamo sbarcati Motuku. Non è un bel villaggio, del tutto diverso da quello del mattino, sembrava più trasandato, una differenza che colpisce subito. Anche qui comunque l gente è stata gentilissima, ci hanno offerto frutta, pesce, salsicce e patate dolci ed una deliziosa zuppa fredda ottenuta con un paio di scatole di sardine al pomodoro, un po’ di latte di cocco e cipolla selvatica tritata.

Solito giro del villaggio, il Governatore doveva sbrigare qualcosa con uno dei locali, Asa ed Mavai hanno svolto le indagini relative ad un furto con scasso avvenuto mesi fa ed individuato il colpevole. Non è stato come nei telefilm: siamo andati nella casa ove è avvenuto il fatto, hanno guardato i danni della porta rotta (oramai riparata), chiacchierato un po’ mentre mangiavamo quanto ci era stato offerto, poi in un’altra casa, altra sosta e chiacchierata con spuntino, quindi dal colpevole, una chiacchieratina e la confessione; credo che la mia presenza abbia contribuito notevolmente ad ottenere la confessione: arrivano 2 poliziotti ad interrogarti, ed a questo puoi anche essere psicologicamente preparato, ma con loro c’è anche un palangi, occhiali scuri, ti guarda e non sai chi sia, non parla quasi mai, ed i poliziotti ti interrogano, ogni tanto il palangi scambia una o due parole con uno dei poliziotti e quelli gli rispondono in quella strana lingua, altre volte gli parlano in tongano e lui risponde in tongano, ma non spiega cosa pensa, si limita a dire si o no (ho concordato prima con Asa, è lui che pilota la conversazione, quando è il momento mi chiama con tono interrogativo, se guarda me rispondo di si, se guarda da qualche altra parte rispondo di no), sai di aver commesso un reato, e non sai chi sia quello, magari uno venuto da Nuku’lofa proprio per te, ovvio che crolli presto. Poi il verbale e via, verrà processato nel prossimo viaggio annuale.

Al rientro una sorpresa: sotto al mio sacco pelo c’è una stuoia da pavimento, poi una grossa e soffice, che serve da materasso, due cuscini ed una coperta ricamata, ed infine una tapa, è stata Luce, la donna di cui usiamo la cucina, che è attualmente nostra vicina di casa, credo sia related con Sailosi, ma qui lo sono quasi tutti, l’ho ringraziata, lei ha detto "Io", poi ha aggiunto che non sta bene dormire per terra, è stato tutto.

Anche oggi sono stato molto giù di corda, non sempre, principalmente durante gli spostamenti, quando non hai nulla per tenerti occupata l’attenzione ed i pensieri macinano. Dopo cena ho chiesto a Hini di portarmi a qualche fai kava privato ove mi lasciassero bere in pace, sentivo il bisogno di ubriacarmi, cosi’ ce ne siamo andati in giro.

Non è difficile, dove tengono i fai kava c’è la lampada accesa e dalla strada si vedono i partecipanti: si entra, si lascia un pacchetto di kava vicino alla boule, si trova un posto e ci si siede, si saluta la Tou’a, magari le si offrono le caramelle o le cicche, e si è già nel gruppo, nessuna formalità. Li c’era già qualcuno dei nostri, Hini mi ha scusato con tutti se quella sera non sarei stato di compagnia ed ha chiesto per me una tazza grande, e, quando il mio turno, piena. Non sono riuscito ad ubriacarmi, la kava non mi fa alcun effetto, a meta serata sono arrivati 2 cantanti con le chitarre, venivano da Nomuka, è stato ancora peggio, molto peggio, comunque mi ha fatto bene passare la serata tra la gente.

 

7 Settembre 97

 

Servizio religioso alla Free Tongan Church, molto più ruspanti dei metodisti wesleyni, questi, come simbolo esteriore usano una giacca lunga fino al ginocchio, nera, stile palandrana. Siamo andati li’, io e Sailosi, perché è il suo culto. Anche qui si sta’ scalzi, pero’ quando c’era da inginocchiarsi, qualcuno mi ha passato un cuscino :-). Sembra che qui, i salmi che cantano, abbiano solo la necessita di essere gridati, devono (almeno credo) cantare molto forte.

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Prima del servizio, comunque, anche qui una piccola cerimonia di kava.

Più tardi, a pranzo, ci hanno subissato di roba: Luce aveva preparato per tutti noi un pasto più che abbondante, stavamo già allegramente mangiando, seduti sulle panche, in cucina, ogni tanto arrivava qualcuno, scambiava due parole e poi passava un cesto attraverso la finestra, dopo 2 minuti qualcun altro, e cosi’ via, ho contato 4 cesti. E non è che portassero chi un pesce, di qualcos’altro, no, ciascuno ha portato un pasto completo per una decina di persone. Ne ho parlato con gli altri, a loro PIACE darti qualcosa, gli fa piacere, e ne godono di più, poi, se e qualcosa cha ti serve o che tu apprezzi, se rifiutassi (perché ne hai già abbastanza) li faresti infelici, il dono viene fatto non per far felice te, ma per far felice chi lo fa. Il problema grosso, anche se ne abbiamo messo da parte una grossa parte per la cena, è stato mangiare tutta quella roba, e non si mangiano solo i bocconi migliori, si mangia tutto, i resti vanno ai cani o ai porci che se li contendono, ma è poca cosa.

Nel pomeriggio Sailosi è andato a far visita a qualche parente, cosi’, dopo la pennichella stavo cazzeggiando li attorno e mi hanno arpionato 2 ragazze, abbiamo parlato un poco, è almeno servito a risollevarmi un po’ la mia depressione. Poi è passato il Governatore e mi ha invitato al fai kava, e naturalmente anche Sailosi.

Ero ancora pieno, cosi’ ho saltato la cena, e visto che Sailosi non era ancora rientrato ci sono andato da solo, anche se, dopo un’oretta, è arrivato pure lui. Comunque. Serata noiosa, oramai ho già raccontato la mia storia tante volte, ed è sempre la stessa, sospetto che anche il Governatore ne sia stufo, pero’ non lo da a vedere: per gli altri si tratta di cose nuove. Abbiamo finito prestino, ed ho scoperto che mi avevano lasciato la cena, l’ho spartita con Sailosi che sembra avere sempre fame, comunque la mia cena era abbastanza per noi e per 2 o 3 che nel frattempo erano rientrati e si erano uniti a noi. Quando poi sono rientrati tutti abbiamo spazzolato l’ultimo dei cesti arrivati a mezzogiorno.

 

8 Settembre 97

 

Stamattina cielo coperto, leggera pioggerella, a causa del vento contrario ci siamo imbarcati sull’altra costa dell’isola, è stato interessante l’attraversamento, poco meno di un km, pero’ tutti si sono dati da fare per mostrarmi questo o quello, spiegarmi i perché di cose che vedevo e che non sembravano avere senso, poi sull’altra costa una breve ispezione ai lavori di costruzione del nuovo molo, quando lo finiranno non saranno più soggetti alla maledizione di dover trasbordare tutto con le barchette.

Durante il viaggio a Kotu il cielo si è aperto ed è tornato a splendere il sole. Kotu è un sogno! Anche qui il villaggio è nascosto da una barriera d’alberi subito dopo la spiaggia.

Ci saranno forse 300 abitanti, le case sono fresche e pulite, niente immondizie in giro, i prati rasati, (qui tutte le case sorgono sul prato, non sulla sabbia come in altri posti), i maiali sono confinati in una loro zona, e ci pensano i cani a tenerceli, i rifiuti non vengono buttati in cortile, ma portati nella zona dei maiali. Kotu contende con Fonoi, ogni anno, il titolo di miglior villaggio.

Oltre al consueto giro del villaggio, ci hanno portati a vedere i vecchi bagni, ora non più in uso: si tratta di 2 stagni, una ventina di mt di diametro, pavimentati in pietra, circondati da alberi schermo, ad una ventina di metri uno dall’altro, uno serviva per gli uomini e l’altro per le donne.

Alla fine del giro hanno steso delle stuoie sul prato, all’ombra di alcuni alberi, mentre macinavano la kava ci hanno dato delle bevande e rinfreschi, poi fai kava li’ sul prato. Anche qui ho notato che spesso, le donne in abiti da lavoro, sparivano dentro alle case per pochi minuti, per poi riapparire vestite a festa per passeggiare per il paese.

Ogni tanto arrivava qualcuno con qualche omaggio: si limitano a metterlo li’ sulla stuoia, davanti alla boule della kava se è per tutti, oppure davanti all’interessato al dono. Diverse radici di kava, viveri fibre per stuoie, un bastone intagliato che è una vera scultura, diverse ta’ovala. Uno (mai visto prima, e che forse non rivedrò mai più) mi è venuto vicino ha lasciato cadere un pacchetto di sigarette, ancora sigillato, davanti a me (le stesse che fumo io, aveva visto il mio pacchetto davanti a me), ha ringraziato (lui, io ho risposto "Io") e se n’è andato. Le ho divise, poi, coi ragazzi della squadra.

All’ora di pranzo, siamo entrati in casa: per terra su una stuoia grossi piatti pieni di pesce, polpo fresco, pesce crudo marinato, pesce secco, budino di papaia, manioca, yam, patate dolci, banane verdi e gialle, caraffe d’acqua sciroppata, tutto attorno i piatti per noi, un solo coltello, niente posate, si mangia con le mani attingendo ai piatti comuni, prima e dopo ci si lavano le mani.

Alla fine del pranzo ce ne siamo andati, mi è dispiaciuto molto. Se ci fosse l’elettricità non mi spiacerebbe vivere a Kotu. Poi siamo ripassati per Motuku, una breve sosta, ma senza sbarco, solo recapitato un messaggio ed un pacco.

Prossima isola Tungua, questa pero’ è una grossa delusione: villaggio sporco, gente sporca, immondizie e sterco di cani e maiali ovunque, prati sia privati che comuni non rasati ed in uno stato pietoso, erbacce e sterpi ovunque, è incredibile la differenza tra qui e Kotu, si tratta della stessa gente, stessa cultura, la distanza tra le due isole non supera i 15 km, forse addirittura meno di 10, eppure sembra di essere in un altro mondo. Anche l’accoglienza, qui, non è stata delle migliori: nessuno ad aspettarci sulla spiaggia allo sbarco, per cui siamo andati direttamente alla casa del town officer, che, a vederla, semmbrava peggio delle altre, lui non c’era. Un tizio ci ha accolto con 4 noci di cocco da bere, ma non conta cosa ti viene offerto, bensì come: il tizio le ha lasciate per terra (e questo è corretto) ma a 2 metri dalla buca delle immondizie. Asa ha preso un machete le ha aperte ed ha offerto la prima al Governatore, il quale l’ha rifiutata e poi se n’è andato via, e tornato sulla spiaggia, si è seduto li’ ad aspettare l’imbarco, credo che fosse incazzato nero.

Sono andato, con i 2 detectives, per un’indagine, ma non ho capito assolutamente nulla. Tornati poi assieme agli altri, ad un certo punto è arrivato il town officer, con altre 7 od 8 noci. Dopo una mezz’oretta una donna ci ha portato un pesce e delle banane verdi, cibo che è stato accettato e consumato, pero’ di malavoglia, tutti erano piuttosto cupi, appena possibile ce ne siamo andati.

Ho chiesto come mai una simile differenza, mi hanno detto che, quando capita, è dovuto all’inefficienza, o meglio menefreghismo e pigrizia del town officer, ma non è possibile cambiarlo, non viene incaricato ma eletto, cosicché, in definitiva, quella gente vive in quel modo perché quello è il modo che hanno scelto loro stessi.

Rientrati alla base, stasera cena magra, Luce ci ha preparato delle frittelle, per cui frittelle con burro d’arachidi e the, pero’ almeno l’atmosfera è tornata normale, anzi parecchio gioiosa con scherzi e battute per tutti.

Dopo cena sono andato ad un club, in uno dei gruppi c’era la ragazza di domenica, per cui sono andato in quel gruppo. Mi ero appena seduto in fondo alla fila che la Tou’a mi ha chiamato nel posto accanto a se, cosi’ mi sono spostato, sprizzava gioia da tutti i pori, ed era veramente splendente. Di fatto l’ho monopolizzata, non dava più retta a nessun’altro, un paio di volte ha pure sbagliato a mescere la kava. Ad un certo punto uno, giovane, ha borbottato ed un’altro più anziano l’ha rimbrottato in inglese, cosicché potessi capire. Gli ha rammentato che quello era il diritto della Tou’a, che eravamo li’ tutti quanti proprio sperando accadesse qualcosa di simile, e che se non gli andava bene, era lui che doveva cambiare gruppo. Sapevo cosa stava succedendo, e volevo che succedesse, unico mio timore era che si ripetesse, in qualche modo, la brutta storia di Nomuka, ma se stavo sbagliando, stavolta sarebbe stato un errore diverso. La serata è stata splendida, e mi ha rimesso un po’ in pace con me stesso, non avrebbe potuto concludersi in modo migliore, ed almeno questa volta, non credo di aver sbagliato, non qui, non con questa cultura e queste tradizioni.

 

9 Settembre 97

 

Stamattina abbiamo preso il mare con un paio d’ore di ritardo sulla usuale tabella di marcia, gli amici mi hanno lasciato dormire, e questo lo capisco e di ciò li ringrazio, quello che non ho capito è come abbiano fatto il Governatore e Maka a sapere che doveva arrivare 2 ore dopo, perché con me ci sono solo i poliziotti, tutti gli altri della spedizione hanno altre sistemazioni: solitamente noi ci teniamo pronti a partire e lo aspettiamo, quando lo vediamo arrivare ci avviamo all’imbarco.

Oggi un’unica isola in programma: O’ua, l’ultima di questo viaggio. L’isola è alta una ventina di metri sul mare, su uno zoccolo roccioso, tutto attorno il reef, ma c’è un buon approdo con una spiaggetta. Ancorato in rada uno yacht, sembrava uno della Mooring, con bandiera italiana, nessuno in vista a bordo. Sbarco in canoa uno alla volta, una piccola salita e si arriva al villaggio, al nostro arrivo diversi gruppetti di donne stavano spazzando i prati comuni.

Mi hanno subito chiesto se vessi voluto parlare con quelli dello yacht, ma mi hanno avvisato che non sembrava brava gente, perché ieri sono sbarcati per viveri, ma hanno rifiutato i cibi che gli venivano offerti per ospitalità, volevano pagare con denaro, cosi’ hanno comprato solo delle banane verdi (probabilmente i polli sperano che maturino, e non sanno che vanno lessate) patate dolci ed un po’ di scatolame, c’era disponibile anche dello yam, taro e manioca, ma gli isolani hanno capito che non li conoscevano e non sapevano come prepararli, né si sono sognati di chiedere, cosi non hanno comprato altro. Al rientro dei pescatori gli è stato anche offerto del pesce e del polpo, ma anche quello pretendevano di pagarlo, cosi’ l’hanno rifiutato. Mi sono scusato per il loro comportamento incivile ed ho deciso che non sarei andato io da loro: se fossero sbarcati oggi ci avrei parlato, e forse gli avrei pure spiegato qualcosa, pero’ non si sono visti, peggio per loro. Spero proprio che al loro ritorno in patria, qualcuno che li conosce e che sentirà i loro racconti sul loro viaggio nei mari del sud, abbia l’opportunità di far leggere loro queste mie note, forse la prossima volta che andranno in giro per il mondo sapranno comportarsi più decentemente.

Sono andato con Asa ed Mavai per un’indagine su un furto, all’ultima casa del villaggio; è entrato solo Asa, noi siamo rimasti in strada, dopo neanche 2 minuti è venuta una donna, dalla casa di fronte, con 2 sedie ed il vassoio con del the e biscotti. Probabilmente avrebbe anche voluto chiacchierare un poco, ma ero "in servizio", cosi’ l’ho solo ringraziata, poi Mavai l’ha condita via con qualche parola, mi è dispiaciuto molto. Dopo una ventina di minuti, Asa, finito di chiacchierare (o di mangiare, è lo stesso), ci ha guidati a casa del sospettato, anche li stessa scena: the e biscotti per tutti, una chiacchierata amichevole, io muto ed attento, solo qualche si o no, poi la confessione ed il verbale, anche lui verrà processato l’anno prossimo. Credo che Asa sia parecchio portato per questo tipo di indagini, ne abbiamo anche parlato, solo che non può usarmi più di una volta: già nel pomeriggio, probabilmente, tutti sapevano che ero solo un bagaglio al seguito, tantomeno può farlo a Pangai: li’ mi conoscono tutti e non ci sarebbe l’effetto psicologico.

Abbiamo poi raggiunto gli altri, stavano riposando sotto una tettoia di foglie palme di cocco, anche qui, su una stuoia, the e biscotti per tutti, accanto un mucchio di roba ed un cesto di polpo secco che dovevo (questo si’) comprare per Seletute (avevo dato 20$ a Sailosi, pregandolo di chiedere in giro), saranno stati circa 20/25 kg.

Almeno questa ultima volta volevo ringraziare con qualcosa di meglio di un grazie, ma ero tanto commosso che non sono riuscito a dire nulla, e, con molta fatica (mi veniva da piangere), ho pregato il Governatore di farlo lui, per me.

Più tardi sono venuti alcuni del villaggio con un cesto di viveri e ce ne siamo andati, dietro di noi la gente si accodava in gruppi. Al cancello il Governatore ha parlato per un po’, ho capito che stava facendo i miei ringraziamenti, quelli, come durante le preghiere, nelle pause dicevano "io" o "malo’", poi i saluti e via.

Rientrando alla base, ero in coperta, sopra la cabina di pilotaggio, seduto a godermi il sole ed il mare, ogni tanto gli spruzzi di un’onda, ma è piacevole. Poi, qualcuno dalla cabina mi ha passato il piatto con la colazione: un’aragosta (non una porzione, un’aragosta intera) e manioca arrostita, e gli spruzzi delle onde erano i benvenuti per salare la manioca. Mangiando ho pensato con un po’ di tristezza (ma non troppa) a quelli dello yacht: se anziché starsene sulle loro avessero accettato l’ospitalità offertagli, probabilmente le nostre aragoste se le sarebbero spazzolate loro, invece, cosi’ come stavano le cose a loro toccava scatolame e patate, in solitudine.

In nottata Hini, Molokay e la cancelliera sono partiti per Pangai con il buon vecchio Olive Oil; per il processo di giovedì arriverà un nuovo cancelliere mercoledì notte.
 

10 Settembre 97
 

Ieri sera uno stranissimo fai kava, Asa mi ha detto "vieni, stasera devi venire" cosi’ ci sono andato, eravamo in pochi, 4 poliziotti, 2 tongani ed un fijiano (quello che più si avvicina al concetto di interprete ufficiale dell’isola, perché parla francese ed un buon inglese oltre al tongano ed al fijiano), io ed una Tou’a che ho già visto. È stata una serie di gradevoli conversazioni, prima col fijiano, che traduceva quanto dicevo io, poi mi hanno fatto cambiare posto ed andare vicino al tongano più giovane (sui 30), lui parlava inglese, ed anche qui il fijiano traduceva, l’altro, sui 55/60 ha ascoltato e basta. Ad un certo punto è arrivato un’altro, più anziano, ma è rimasto li’ meno di mezz’ora: lo aspettavano per la pesca notturna con la lampara (poi Black mi ha detto che era il padre della Tou’a di lunedì notte). Credo di essere stato sottoposto a giudizio, anche se non ho proprio idea di quale verdetto sia stato emesso (ne se sia stato emesso). Quando ce ne siamo andati il tongano più anziano ed il fijiano sono andati in un club, ad un altro fai kava, non credo a bere, ma piuttosto a parlare.

Stamattina, dopo colazione, Asa mi ha mandato da Luce a prendere un sacco, poi mi ha accompagnato nel bosco folto, mi ha indicato un particolare tipo di albero ed suoi i frutti a terra, mi ha spiegato che servono per aromatizzare l’olio, come riconoscere quelli buoni da raccogliere e mi ha detto che ne serviva mezzo sacco, poi si è seduto appoggiato ad un tronco, si è rollato una sigaretta, e dopo essersela fumata si e messo a dormire. I tuitui (i frutti che dovevo raccogliere) sono i noccioli rimasti dopo che il frutto è caduto e lo strato esterno si è essicato e staccato, fatti più o meno come le ns. castagne, ma più duri e più pesanti, ho impiegato un paio d’ore per far su il mezzo sacco richiesto, poi l’ho svegliato, lui ha portato il sacco, circa 20 kg, ha detto che a me spettava raccoglierli, ma che a portarli ci avrebbe pensato lui. Sembrava particolarmente soddisfatto, ed ero soddifatto pure io delle mie 2 ore di lavoro. Mi ha invitato ad andare a vivere con la sua famiglia, a Koulo, al nostro ritorno avra diritto, tra ferie arretrate e riposo non goduto in questa missione, a 3 mesi di vacanza e fino dicembre è libero, ha detto che era stata sua moglie, dopo le mie cure a Nomuka, a dirgli di invitare a stare da loro "il dottore", ma che non sapeva come fare a chiedermelo. Ho accettato, a patto che, almeno in questi primi 3 mesi, in cui sarà libero dal lavoro di poliziotto, mi insegni il più possibile delle vita di tutti i giorni, e che non ero disposto ad accettare un trattamento di favore: alla pari o niente, cosi’ abbiamo concordato: starò’ ancora una settimana al Niu Akalo, poi andrò’ da Asa, "per qualche tempo" qui significa anche parecchi anni.
 

11 Settembre 97
 

Stamattina il processo, Sailosi ed Mavai in uniforme, tutti gli altri con tupenu e ta’ovala, si può entrare nella hall che funge da tribunale soltanto se si vestono abiti tradizionali. Oltre ai soliti 5/6 casi di ubriachezza da 20$, c’erano 3 casi interessanti.

L’insegnante delle elementari che con una stecca di legno ha percosso una bambina sulle mani, purtroppo rompendole anche un osso: a seconda di come la vedrà il magistrato può avere una semplice multa oppure 1 anno e 1000$ di indennizzo. Si è beccata 20$ di multa, perché durante il processo è venuto fuori che aveva anche tirato l’orecchio ad un altro bambino, quindi 10$ per ciascuno dei due casi di abuso, il magistrato ha deciso che la mano rotta era da considerarsi solo un incidente e non ne ha tenuto conto. Certo è stato troppo buono a considerare in quel modo l rottura della mano, e l’uso del bastone, ma da quello che ho capito ha volutamente cercato qualche altra fesseria, come il prendere uno per l’orecchio e multarlo allo stesso modo.

Altro caso: un ragazzo, 20/22 anni, accusato di essersi introdotto, nottetempo, in una casa, picchiato una donna che vi si trovava e rubato qualcosa: qui la chiamano rapina. Il dibattito è stato lungo, perché anche la donna non la raccontava troppo giusta, lo si è capito quando il ragazzo (che si difendeva come un leone accerchiato) ha contestato alcune affermazioni dell’altra e quella è rimasta completamente spiazzata. Comunque il fatto di base è rimasto e si è beccato 2 anni, quando ha lasciato il posto degli accusati e stato preso immediatamente in consegna da Pilla.

Terzo caso una causa civile tra 2 donne che avevano un business in comune, poi sono sorte delle beghe, cosi’ è stato il Magistrato a dover decidere ora sulla questione, il caso è andato parecchio per le lunghe, poi la sentenza, non so cosa sia stato deciso, ma entrambe apparivano pienamente soddisfatte.

Durante il processo, causa dolori alle ginocchia (si sta seduti a terra a gambe incrociate, su delle stuoie, e dopo 3 ore non ne potevo più), sono uscito ed ho ritrovato la ragazza di lunedì sera. Verrà a Pangai, per me, la settimana prossima, almeno cosi’ ha promesso, e cosi’ io spero.

Dopo il processo, alle 3 e mezza, nella stessa hall, Feke, il prete wesleyano, ha offerto il pranzo a tutti quanti i partecipanti la spedizione: 2 tavoli, uno lungo ed uno minuscolo, quasi formare una tavolata unica, ma comunque separati (quando nell’esercizio delle sue funzioni un Magistrato ha il pieno status di nobile), 2 sedie un per lui ed una per me, seduto al primo posto vicino a lui, ma sull’altro tavolo, tutti gli altri sulle due panche, Sailosi di fronte a me, il prigioniero ha mangiato con noi, nessuna differenza, ma nell’angolo più lontano dal Magistrato. Solito banchetto, pesce lesso, e (solo per mè) uno arrostito ai ferri: GRAZIE Feke!, polpo fresco e secco, maiale, gallina, vegetali vari, budini di frutta e CAFFE!.

Subito dopo il pranzo il prigioniero è venuto con noi, lo accompagnavano alcuni suoi familiari, appena arrivati alla stazione David, gli ha tagliato i capelli (lo prescrive la legge: prima cosa tagliargli i capelli "like police officers", ossia nello stesso stile e lunghezza dei poliziotti), dopo il taglio simbolico delle 2 prime ciocche è arrivato uno che ha finito l’opera, sembrava un barbiere, capelli corti, ma tagliati bene). Il prigioniero ha chiesto Sailosi di poter restare, quell’ultimo pomeriggio, con la famiglia, gli è stato concesso, ma scortato da Pilla, cosi’ se ne sono andati tutti.

Ultima serata di kava al club, speravo di avere la Tou’a di lunedì, ma evidentemente mi ero scordato qualcosa d’importante e cosi’ ho scelto il gruppo che poi è risultato essere sbagliato ed me ne è capitata un’altra, certo, avrei potuto cambiare gruppo, ma in quel momento sarebbe stata cosa di pessimo gusto, cosi’ sono rimasto dov’ero, serata moscia.

Piccola strana avventura nella notte: durante un fai kava è cosa normale bere 2 o 3 litri, in effetti si tratta solo di acqua aromatizzata, ma poiché quanto entra deve anche uscire, nella serata, si va spesso a far visita ai cespugli li attorno. Stavo rientrando proprio da una di queste visite e non avevo la torcia elettrica con me, nel buio mi hanno avvicinato tre ragazze, una mi ha chiesto il nome, poi, senza aggiungere nulla, a turno, una alla volta, mi hanno abbracciato poi accarezzato, il viso, le braccia, il corpo, solo una decina di secondi ciascuna. Le ho lasciate fare, non è che fossi imbarazzato, solo molto sorpreso (e molto compiaciuto), lo stesso pero’ non sapevo che pesci pigliare, anche se quello non era certamente un momento da pesci, poi, finito il turno della terza, senza dire nulla, si sono allontanate tutte e tre assieme, ridacchiando tra loro per la mia prevedibile (e constatata) reazione.

 

12 Settembre 97

 

Sveglia al mattino presto, colazione e bagagli, ho ringraziato Luce e lei ha risposto "io", come mi aveva consigliato Sailosi ho provato ad offrirle 10$ e li ha rifiutati, allora l’ho baciata sulla guancia, come si fa con i propri related: ha accettato il bacio compiaciuta.

Sulla spiaggia, ci stavamo imbarcando, una donna mi ha portato un rotolo di tapa in un cesto, mi ha detto che era mia di diritto e spiegato la tradizione che vuole cosi’, ho baciato pure lei e mi sono imbarcato.

Il ritorno è stato veloce, a mezzogiorno stavamo già sbarcando a Pangai, Asa mi ha invitato, per domenica, a pranzo da loro a Koulo, poi, in machina, mi ha lasciato al Niu Akalo.

Al ritorno grandi feste, hanno voluto sapere tutto, ma non è stato possibile accontentarli, soltanto qualcosa, qualche spizzico di storia qui e la.

Alla sera fai kava a Holopecka, avremmo dovuto esserci tutti, ma eravamo solo in 4, gli altri si sono dati ammalati .-). Qui c’ero già stato una sola volta, con Telanisi, non erano certi su come prendermi, ma sono bastati 2 minuti, ed eravamo tutti a nostro agio. Quando ho salutato la Tou’a nel modo tradizionale, e non impacciato, ma spedito, senza inciampi (la pratica delle isole: un party quasi ogni sera, quasi sempre un altro di giorno ti danno un certo senso di sicurezza), e le ho dato le caramelle e le gomme di rito, con un commento sulla "lovely Tou’a", gli altri sono rimasti sbalorditi, un anziano (Asa che se la godeva un mondo, me l’ha tradotto) ha detto che sono brutti tempi quelli in cui, l’unico a comportarsi secondo la tradizione, ad un fai kava, sembrava essere il palangi, anche la Tou’a comunque è rimasta molto sorpresa (credo fosse pagata per la serata).

I cantanti si sono mantenuti sul loro standard piuttosto alto, è per quello che godono di una certa fama. C’è stato un momento triste quando il trio ha cantato una nuova canzone che ha scosso tutti, addirittura (incredibile) la Tou’a si è alzata e se n’è andata, ma è tornata dopo pochi minuti, poi la serata è proseguita liscia, niente canzoni d’amore, o almeno non troppe, ottima serata.

 

13 Settembre 97

 

Stasera stavo per cenare quando è arrivato Telanisi, ha detto che gli serviva un aiuto: all’ospedale è morta una donna, cosi’ hanno portato a casa la salma ed hanno iniziato la veglia funebre che durerà fino a lunedì. Stanno arrivando tutti i parenti, una ventina stavano in casa, altri seduti sul prato a pregare e cantare inni e salmi per la morta. Pero’ piove, tira vento e fa freddo, e quelli se ne stanno sul prato a prendersi tutte le intemperie. In tali circostanze, nessuno della famiglia estesa lavora o fa alcunché. Cosi’ Telanisi ha deciso di costruire un riparo di fortuna per quella gente, e necessitando di aiuto, il primo che gli sia venuto in mente che non fosse un related ero io, inoltre voleva che vedessi direttamente i loro riti funebri, e non si può andare, in tali circostanze, a fare i turisti con la macchina fotografica o la cinepresa, quindi il lavoro da fare è stato anche la scusa per tale occasione.

All’ospedale abbiamo recuperato e preso a prestito alcuni grandi teloni plastificati, poi lui si è fatto prestare un camioncino ed abbiamo recuperato un po’ di lamiere ondulate e qualche travetto da costruzione, con quelli abbiamo costruito la tettoia, poi circondato il tutto coi teloni, un paio di ragazzini hanno scalato dei cocchi e ne hanno tirato giù una cinquantina di palme, con quelle abbiamo bloccato il tutto, se il vento non rinforza dovrebbe reggere. Non è che staranno molto caldi, ma perlomeno all’asciutto ed un po’ riparati dal vento. Poco più di un’ora di lavoro, nel frattempo sul prato, oramai coperto, erano già più di 50, ed altri arriveranno in nottata e domani.

Ciascuno arriva con almeno un cesto di viveri, lo consegnano in una cucina improvvisata allestita dall’altra parte della strada ove ci sono 5 o 6 persone che li preparano e li cuociono, in una hall li vicino altri volontari danno da mangiare ai veglianti. Telanisi mi ha pure indicato una baracca li vicino: li’ c’è un fai kava che durerà fino al momento del funerale, ogni tanto alcuni uomini lasciano la veglia ed i salmi e vanno a bere kava ed a parlare (non della morta in particolare, ma di tutto, quello è il loro modo di testimoniare che la vita continua), poi alcuni tornano alla veglia.

 

14 Settembre 97

 

Oggi dovevo andare a pranzo da Asa, ma mi ha fatto sapere, per telefono, che non sarà possibile (pero’ mi ha mandato, all’ora di pranzo, per mezzo di una ragazza, un contenitore pieno di cibo): suo fratello è all’ospedale, piuttosto grave, con la polmonite. C’è in giro un’epidemia di polmonite virale, viene dalla New Zealand, a Nuku’alofa sono in piena emergenza medica e ci sono già diversi casi di morte, qui a Lifuka, per ora, nessun morto, solo 2 casi gravi: il padre di Ofa, la ragazza del WaterSport ed il fratello di Asa; ci sono pero’ un sacco di casi più leggeri (Talo un paio di settimane fa ad esempio, e pure io, Sailosi e gli altri ammalati di Nomuka, sebbene in forma molto leggera, oppure ci è andata bene perché curati subito, al primo sintomo).

 

15 Settembre 97

 

È passato di qua’ Asa, per scusarsi per ieri, con lui c’era la moglie ed il figlioletto più la moglie ed il figlio del fratello. Erano di passaggio, di ritorno dall’ospedale e non avevano molto tempo, cosi’ sono rimasti solo pochi minuti ma mi ha fatto piacere vederli (c’è da rammentare che qui l’ospedale fornisce solo le cure mediche, per la parte "alberghiera", ossia lenzuola, coperte, cibi ed ogni altra cosa ci deve pensare la famiglia).

 

16 Settembre 97

 

Ofa (la ragazza del WaterSport) mi ha chiesto news su Ha’afeva :-), ha detto che ha sentito qualcosa, solo un "bit" attraverso "coconut wheel" ed ha pensato che chiedere direttamente a me era forse la cosa migliore, ho sviato il discorso e non le ho detto nulla, forse domani :-)
 

Oggi brutto tempo, piove e tira vento, mare in burrasca, in queste condizioni non si viaggia in nave, tantomeno in barca. Stasera è cambiato il vento, forse domani farà bel tempo, ma bisogna vedere che tempo farà stanotte a Ha’afeva (secondo ed ultimo ferry della settimana per Pangai), e, se è come qui, è proibitivo.

 

17 Settembre 97

 

Mare ancora in burrasca, pioggia e vento tutto il giorno :-( Qui ci sono una coppia di danesi ed una di tedeschi, i danesi partiranno domattina, mi spiace per loro, ma sono incocciati in un brutto periodo.

Stasera sono andato a teatro: gli studenti del St. Joseph, tutti tra i 12 ed i 14 anni, una quarantina in tutto, hanno messo su un music hall e stasera la recita. Nessuno sapeva cosa avrebbero recitato, ma l’ho capito dopo pochi minuti, anche se fino a quel momento avevano cantato solo in tongano: la storia è quella biblica di Giuseppe venduto dai fratelli, pero’ ballata e cantata, stile Jesus Christ Superstar. Quelli che facevano gli "ebrei" (Giuseppe compreso finchè non è stato venduto) cantavano in tongano, gli "egiziani" (anche Giuseppe, dopo la vendita) in inglese, alcuni pezzi e cori erano cantati contemporaneamente da questi e da quelli, e questo credo sia difficilissimo, si distinguevano nettamente le due canzoni diverse sulla stessa musica. Certo qualche pezzo di melodia forse l’hanno "preso a prestito", ma lo spettacolo è stato veramente buono, hanno cantato e ballato benissimo, poco più di un’ora, anche i musicisti sono stati all’altezza: Thimoty (quello dei Peace Corps) alle tastiere (suona benissimo), uno dei due che dirigono il coro alla messa dei cattolici con la chitarra (esibizione superba), ed un’altro alla batteria. Se per caso ripetono il recital voglio tornare a vederlo, merita veramente.

All’uscita ho trovato Telanisi che mi ha riaccompagnato a casa, era arrivato tardi perché ha dovuto partecipare ad un meeting del comitato di beneficienza (lui ha detto "we help low people").

Ha fatto cadere il discorso sul mio viaggio: ha sentito, direttamente dal Governatore, la storia della mia commozione a O’ua nel ringraziare la gente, era contento e mi ha ringraziato, fra un po’ (se non lo sanno già) lo sapranno tutti. Sabato 28 ci sarà una festa a casa sua e mi ha invitato, ci sarà un piccolo fai kava e poi una grossa pappatoria, passera a prendermi in mattinata :-). Ha anche accennato che per il suo lavoro gli capita quasi tutti i mesi di andare su questa o su quella isola, era un mezzo invito a chiedergli di andare con lui, si capiva che ci teneva: aspettero’ un chiaro invito, in modo da essere io quello che accetta. Sulle isole oramai mi conoscono (in alcune di persona nelle altre, sicuramente, di fama), e tornarci (o andarci) con l’amministratore dei beni personali del Re non è cosa da poco, non qui. Stavolta non saro’ uno che, all’arrivo non si sa chi sia e poi in lui si scopre un’amico, saro’ subito l’amico che ritorna.

 

18 Settembre 97

 

Stamattina, al comando di polizia, tra una sigaretta ed un the dopo l’ltro, mi hanno preparato tutti i documenti per il mio visto come residente, documenti che poi ho consegnato ufficialmente. Sailosi ha voluto aggiungere il suo nome a quello di Seletute, come mallevadore; ora che NON ne ho più bisogno (basta uno, e ne ho già due) diro’ a Telanisi che se vuole, posso fare aggiungere pure il suo nome. Lunedì mattina il sergente recapitera’ a mano il plico all’Immigration Office a Nuku’alofa, ha istruzioni di seguire personalmente la pratica ufficio per ufficio fino alla segreteria del Ministro, e li’ c’è Loleto.


 

 
 
 
 

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